Le parole di Gesù ai suoi amici nell’Ultima Cena riportate nel Vangelo valgono anche per noi.
Forse ci è capitato di non capire la Parola del Signore, di far fatica a scoprirne il senso e la portata per la nostra vita. Gesù ci invita a non scoraggiarci, ma a lasciarci illuminare dallo Spirito di verità.
Ci stiamo incamminando verso la Pentecoste che conclude i cinquanta giorni di festa della Pasqua ed è bello che abbiamo sempre presente lo Spirito Santo, che Gesù risorto ci dona dalla Croce alla sera di Pasqua.
Lo Spirito di Gesù risorto cambia radicalmente Paolo sulla via di Damasco.
Lo Spirito Santo rende presente Gesù risorto anche oggi, in particolare in due doni, il Sacerdozio e l’Eucarestia.
La seconda Lettura ci ricorda che Gesù è il Sacerdote eterno che può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio. I sacerdoti scelti da lui sono strumento per realizzare tutto questo.
La sua presenza come Sacerdote e vittima raggiunge il suo culmine nell’Eucarestia.
Chiediamoci se è così anche per noi: se sappiamo vedere nei Sacerdoti uno strumento nelle mani del Signore che continua la sua opera di annuncio della Parola, di perdono dei peccati per fare memoria della sua Pasqua.Chiediamo a Gesù, che si presenta a noi sotto le specie del pane e del vino di essere anche noi, da una parte “testimoni“ come Stefano, e dall’altra di essere “missionari” come Paolo che ha visto nell’annuncio del Vangelo il senso della sua vita. don Alberto
ll Santo Rosario è considerato una preghiera completa, perché riporta in sintesi tutta la storia della nostra salvezza. Con il Rosario infatti meditiamo i “misteri” della gioia, della luce, del dolore e della gloria di Gesù e Maria. È una preghiera semplice, umile così come Maria. In tutte le apparizioni la Mamma celeste ci ha invitato a recitare il Santo Rosario come arma potente contro il Male, per avere la vera pace.
«Carissimi Pellegrini! – ha gridato papa Francesco il 13 maggio 2017 al milione di fedeli accorsi a Fatima – noi abbiamo in Cielo una Madre! Abbiamo una Madre! Aggrappati a Lei come dei figli, viviamo della speranza che poggia su Gesù, (…) di essere un giorno con Lui e con Maria alla destra del Padre nel Regno di Dio…
Ai tre pastorelli di Fatima, Lucia, Giacinta e Francesco, la Madre di Gesù e nostra, presentandosi come ‘la Madonna del Rosario’, raccomandò con insistenza di “recitare il Rosario tutti i giorni, per ottenere la fine della guerra e la pace”.
Risale al XIII secolo, l’origine da parte dei monaci cistercensi, della preghiera che chiamarono rosario, perché la comparavano ad una corona di rose mistiche donate alla Madonna. Questa devozione fu resa popolare da san Domenico, che nel 1214 ricevette il primo rosario della Vergine Maria come strumento per l’aiuto dei cristiani contro le eresie. Pio V nel 1547 attribuì a questa preghiera la vittoria della battaglia di Lepanto.
In diverse apparizioni la Madonna stessa ha indicato il Rosario come la preghiera più necessaria per il bene dell’umanità. Nell’apparizione di Lourdes del 1858, la Vergine aveva una lunga corona del Rosario al braccio.
Nel 1917 a Fatima come negli ultimi anni a Medjugorje, la Madonna ha invitato e ha esortato a recitare il Rosario tutti i giorni.
Il Rosario, non è come molti pensano, una ripetizione continua e monotona di parole tese a stancare Dio attraverso l’intercessione di Maria e concederci ciò che desideriamo, ma è una preghiera cristologica, al cui centro ha la Parola di Dio, l’Incarnazione del Verbo eterno fatto uomo, carne, vita, per mezzo della Vergine Maria. Il Rosario, quindi è dono del Cielo per cambiare l’uomo e la sua storia. Ogni volta che sgraniamo la corona del Rosario per meditare gli episodi della vita di Cristo, dovremmo vivere il desiderio di imitare la Vergine Maria che meditava, nel suo cuore, tutto quello che succedeva nella sua vita e attorno a lei.
All’inizio degli anni Novanta, nel Consiglio pastorale diocesano di Milano, il card. Carlo Maria Martini lamentava la diminuzione della devozione a Maria e della recita del Rosario. Diceva: «Si è disprezzata la devozione popolare verso Maria, che in tanti secoli ha conservato la fede in Cristo delle nostre popolazioni cristiane. Si critica il Rosario come forma, superstiziosa di “mariolatria” (cioè, adorazione di Maria), ma si dimentica che la Madre di Dio porta le anime al Figlio suo, Cristo Gesù. Ritorniamo a recitare assieme il Rosario nelle famiglie, perché siano più unite e i giovani vengano educati, attraverso Maria, alla fede e all’amore di Cristo». E’ questo quotidiano entrare con il cuore nella vita di Cristo, che può cambiare anche la nostra vita rendendola simile alla sua…
Il mese di maggio è il momento in cui si predilige la celebrazione delle prime comunioni nelle nostre parrocchie, momento sostenuto e messo sotto la protezione di Maria, madre di Gesù.
Quale momento migliore per vivere l’incontro con Gesù per i nostri ragazzi?
È un periodo di preparazione e conoscenza di Gesù, sostenuto dalla presenza delle catechiste (mi piace pensare a loro come testimoni di una comunità attenta che si china sui più piccoli per aiutarli a incontrare Gesù) e che affiancano le famiglie in questo percorso di crescita.
Nel sacramento dell’Eucaristia è offerto ai ragazzi l’incontro personale con Gesù che dona la vita per i suoi amici e invita ciascuno a vivere questa “amicizia speciale” ogni giorno.
Gesù, per essere presente tra noi, non ha scelto una pietra preziosa, o delle cose rare e costose: ha scelto il pane e il vino, le cose più semplici che non mancano mai sulla tavola della famiglia. In quel pezzo di pane e in quelle gocce di vino si rende presente Gesù, il Figlio di Dio. I nostri ragazzi con la testimonianza di noi adulti, sanno che possono comunicare con Gesù non solo ricevendo il pane eucaristico tutte le domeniche, ma anche nella preghiera, nell’ascolto della parola di Dio, vivendo questa amicizia in famiglia, con i fratelli e nella carità. L’Eucaristia inserisce i ragazzi nella Chiesa “popolo di Dio” e li rende partecipi in modo pieno e dinamico della vita della comunità. Pensando al mese di maggio, mese dedicato a Maria, guardo con tenerezza il quadro (qui riprodotto) della “Madonna del Magnificat” del Botticelli (1481, conservato negli Uffizi di Firenze) dove Maria, circondata da fanciulli, scrive su un libro e Gesù, che è sulle sue ginocchia, accompagna il braccio di Maria che scrive: “L’anima mia magnifica il Signore”. Sembra quasi che Maria voglia comunicare, anzi imprimere attraverso il libro per questi fanciulli, l’esperienza da lei vissuta con Gesù; solo con Gesù l’anima si riempie di stupore e bellezza, perché capace di riconoscere un Dio che ama, non abbandona, anzi illumina il cammino di ogni uomo, e Gesù, con il suo sguardo posato su Maria, lo conferma. Allora sentiamoci sollecitati a pregare per questi ragazzi e affidiamoli alla tenerezza di Maria che li porta a Gesù perché anche loro possano gridare il loro “Magnificat!”.
Sul libro di catechismo dei bambini c’è una bellissima preghiera di sant’Ambrogio che recita così: “Per me Gesù è tutto, è medico che cura le ferite e perdona i miei peccati. È la forza e l’aiuto per vivere da figli di Dio.
È il cibo che nutre e sostiene ogni discepolo.
È la vita che vince la morte, è la via che conduce al cielo, dove saremo finalmente con Lui”.
Tommaso, chierico cerimoniere, ci racconta la sua ricerca della fede attaverso l’esperienza del servizio all’altare
Tutto comincia dentro un alone di mistero: ci si ritrova in uno spazio che non è riservato al resto dei fedeli, in un ruolo diverso dai fedeli che sono in Chiesa. Tutti allo stesso modo guardano verso l’altare e il sacerdote. Tutti, tranne i chierichetti. Loro stanno lì, di lato, sempre pronti a muoversi, a entrare e uscire dalla sacrestia.
Quello che ho capito in tanti anni di servizio è che questa maggiore vicinanza all’altare e ai sacerdoti rende questa esperienza densa di significato. È una sorta di privilegio, di opportunità in più che ti viene consegnata per vivere meglio la Messa. Il chierichetto fin dal momento in cui indossa la veste capisce che non è lì per caso, che non sta semplicemente ricordando qualcosa accaduto tanti anni fa, ma è in presenza di un fatto, di un grande evento che avviene ancora oggi, lì, nella Messa.
I compiti che si svolgono durante la celebrazione, come l’utilizzo dei cantari o dell’incenso, sono importanti per arricchire il momento, ma innanzitutto sono importanti proprio per il chierichetto. Nello svolgere quel compito chi ne esce davvero arricchito è quel semplice ragazzino che sta reggendo una candela o un campanello. Attraverso un semplice gesto, attraverso ciò che può sembrare quasi una formalità, ho sempre riconosciuto qualcosa di più grande. È davvero una grazia avere la possibilità di vivere tutto questo, perché attraverso un singolo gesto durante la Messa si può riscoprire veramente il senso di quello che stiamo facendo. E tutto questo, in fondo, mi conforta perché mi fa capire di come la fede in Dio non sia qualcosa di mistico, lontano e sconosciuto, ma si possa ritrovare in gesti estremamente concreti come quelli che compiono i chierichetti.
Diventando cerimoniere, ho poi ulteriormente compreso quanto questo ruolo mi metta davvero nelle mani qualcosa in più per vivere la mia fede e soprattutto che quella diversità di approccio che deve avere il chierichetto durante la messa è solo in apparenza un distacco dagli altri: è invece un avvicinarsi di più a Dio che dà la forza per essere davvero vicini e presenti all’altro che incontriamo nella nostra vita. Vedere nella nostra parrocchia tanti bambini che decidono di iniziare questo percorso è una cosa bellissima.
Il mio compito è insegnare loro, durante il breve corso a cui partecipano, le diverse mansioni che devono svolgere, ma la verità è che sono loro che insegnano a me, perché mi fanno interrogare nuovamente sul perché fare il chierichetto e sul perché credere fino in fondo in Dio: è grazie a loro, a questi piccoli chierichetti e alle tante persone intorno a me che riesco a mettermi sempre di nuovo sulla via della ricerca e della fede. I gesti compiuti durante il servizio e tutti gli incontri che ho fatto sono così densi, così belli che non possono non avere un Senso.
Per questo è veramente meraviglioso essere chierichetto: è uno dei modi che ci vengono offerti per stare vicino a Gesù e per superare tanti dubbi di fede che ci possono accompagnare.
E per questo posso solo ricordare con commozione quella sera di undici anni fa in cui, quasi per caso pensavo io, venni invitato a mangiare una pizza con i chierichetti della parrocchia di SS. Pietro e Paolo. Ma non fu per caso. E ancora oggi ringrazio per quel giorno e per l’avventura che lì è cominciata per me.
Proponiamo una intervista con Don Paolo Alliata, responsabile del servizio per l’apostolato biblico della diocesi. Da qualche anno ha inventato un modo nuovo per parlare di Dio e dei valori cristiani attingendo e prendendo spunto da capolavori della letteratura
Don Paolo, da qualche anno proponi la lettura e il commento di capolavori della letteratura mondiale. Attraverso i loro testi ci parli di Dio e della sua Parola: come mai questa scelta?
Cercavo un modo un po’ originale e nuovo per avvicinare e parlare anche ai meno esperti di testi biblici, e così ho provato a partire da testi di letteratura non religiosa, offrendo delle chiavi di lettura sapienziali. Questo perché i grandi scrittori – credenti o meno non importa – si mettono di fronte al mistero della vita, della morte, della gioia, della speranza, e ci accompagnano dentro il mistero del cuore dell’uomo. Il mio tentativo è quello di fare luce sul mistero con la “M” maiuscola, la presenza nella storia umana del Signore della vita, che parla al cuore umano, che chiama, che suggerisce, che è meta del cammino, anche là dove non è riconosciuto .
L’incontro del 29 maggio prende spunto dal libro di Pennac L’occhio del lupo e si concentra sugli sguardi. Siamo ancora capaci di incontrare lo sguardo dell’altro, del mio prossimo?
La bellezza dello sguardo dipende dalla qualità del cuore, il modo di guardare e stare in relazione dice molto dell’interiorità di una persona. Pennac ci racconta di due sguardi, dell’intimità del lupo e del bimbo: l’occhio diventa la soglia dell’incontro fra questi due mondi. Per noi questo vuol essere un invito a curare la qualità del nostro sguardo e delle sue radici interiori, per uscirne trasfigurati e arricchiti, come nella meravigliosa scena finale del racconto in cui il lupo vede cio’ che prima non vedeva: l’amicizia permette così di aprire gli occhi di entrambi al mondo e di vederlo nuovo.
Guardarsi dentro costa lavoro, fatica: perché secondo te è così importante entrare in profondità del proprio io? Ne vale la pena?
Il libro usa questa metafora. All’inizio la cella del lupo è spoglia, c’è un albero morto, c’è desolazione. È l’immagine del vuoto interiore, il lupo non sa più chi è, non ha un’identità. Sarà il rapporto di sguardi col bimbo a consentirgli di ritrovare i suoi ricordi, il suo mondo interiore e la voglia di vivere. Se anche dovessi essere rinchiuso in una prigione – scrive Rilke in una sua lettera – la tua vita rimane ricca del tesoro dei tuoi ricordi, che nessuno puo’ portarti via. Un racconto di questo tipo ci rivela la preziosità del nostro mondo interiore, ci invita a custodire il tesoro dei nostri ricordi. Il tema dell’interiorità è quanto mai cruciale ai nostri giorni, in un mondo che preferisce galleggiare in superficie piuttosto che scendere nel profondo.
Lo sguardo di amore di Gesù in croce, cosa ci rivela di lui e della nostra vita?
Dice di una apertura radicale, la sua immagine esprime la sua verità profonda: il suo spalancarsi al mondo, anche se gli uomini lo rifiutano e preferiscono le tenebre alla luce, la guerra alla pace. Lo sguardo di Gesù abbraccia continuamente tutto questo mondo: un invito ad accettare quello che siamo, non da rassegnati, ma per ripartire. Bisogna accettare le cose per metterci mano.
Il 18 giugno famiglie protagoniste in piazza Duomo
Un incontro aperto a tutti per riflettere, pregare e fare festa per e con le famiglie in preparazione all’Incontro mondiale di Roma (22-26 giugno).
In tre piazze di Milano, dalle 17, laboratori, stand a tema e momenti di animazione.
Poi tutti i partecipanti confluiranno in piazza Duomo per la celebrazione delle 19 con testimonianze, festa e preghiera, con l’attore Giovanni Scifoni e l’Arcivescovo Mario Delpini.
Vi invitiamo a partecipare, non è prevista alcuna iscrizione.
DOMENICA 22 MAGGIOVI DI PASQUA At 21,40b-22,22; Eb 7,17-26; Gv 16,12-22 Popoli tutti, lodate il Signore, alleluia! Liturgia delle ore: II settimana
✙ 8.30 Basilica ✙ 9.30 S. Francesco ✙ 10.00 Oratorio BVIFESTA DEL GRAZIE ✙ 10.30 S. Cuore ✙ 11.00 Crocifisso ✙ 11.30 Basilica ✙ 18.30 Basilica
LUNEDÌ 23MAGGIOFeria del tempo di Pasqua At 28,1-10; Gv 13,31-36 Cantiamo al Signore e inneggiamo al suo nome
✙ 7.30 Antonietta e Luigi Rizzo ✙ 9.00 Oratorio Antonia Padula ✙ 18.30 Calogero Gruttadauria e genitori / Onofrio Coglitore / Marco Del Papa / Elio D’Aniello
MARTEDÌ 24MAGGIOFeria del tempo di Pasqua At 28,11-16; Gv 14,1-6 Risplende nell’universo la gloria del Signore
✙ 7.30 ✙ 9.00 Ines Como, Giuseppe Sala e Maria ✙ 18.30 Cesare Bai e Maria Arienti
MERCOLEDÌ 25MAGGIOS. Dionigi, vescovo At 28,17-31; Gv 14,7-14 Benedetto il Signore, Dio della salvezza
✙ 7.30 Anna Triulzi ✙ 9.00 Isidoro Bastianello e fam. ✙ 18.30 Vigiliare dell’Ascensione Maria Grazia Nava Como
GIOVEDÌ 26MAGGIOASCENSIONE DEL SIGNORE At 1,6-13a; Ef 4,7-13; Lc 24,36b-53 Ascende il Signore tra canti di gioia
✙ 7.30 ✙ 9.00 Filippo Serrapica ✙ 18.30 SOLENNE
VENERDÌ 27 MAGGIOFeria dopo l’Ascensione Ct 2,17-3,2; 2Cor 4,18-5,9; Gv 14,27-31 Gioisca il mio cuore, Signore, per la tua presenza
✙ 7.30 Vincenzo Ascenzio ✙ 9.00 Diego e Giuseppe ✙ 18.30 Arturo Monguzzi e fam.
SABATO 28 MAGGIOB. Luigi Biraghi, sacerdote Ct 5,9-16*; 1Cor 15,53-58; Gv 15,1-8 Della gloria di Dio risplende l’universo
✙ 9.00 Domenico e Carmela Scollica e Santa Verduci ✙ 15.30 matrimonio Cavalleri-Farina ✙ 18.00 Benedizione della Cupola ✙ 18.30 Liturgia vigiliare presieduta dalCard. Pietro Parolin Letture della domenica: At 7,48-57; Ef 1,17-23; Gv 17,1b.20-26
SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE IN BASILICA:giorni feriali: 8.30-9.00 e 17.00-18.15; sabato ore 16.00-18.15
VITA DELLA COMUNITÀ
DOMENICA 22 MAGGIO – VI DI PASQUA
10.00 Oratorio BVI: Festa del Grazie
10.30 Missionari Saveriani: Festa dei Popoli– S. Messa (10.30) e preghiera interreligiosa (15.30)
16.00 Basilica: celebrazione del Battesimo
21.00 Oratorio BVI: S. Rosario
MARTEDÌ 24 MAGGIO
21.00 Parrocchia San Giovanni Battista: Sull’albero con Zaccheo. Il Sicomoro. Accolti siamo capaci di accogliere. Musica con The Sun
GIOVEDÌ 26 MAGGIO – ASCENSIONE
18.30 Basilica: S. Messa solenne
VENERDÌ 27 MAGGIO
20.30 Festa dei popoli: Marcia della pace (partenza dal Comune)
SABATO 28 MAGGIO – Centenario elezione papale di Pio XI
Centro Congressi Banco Desio:
08.30 convegno Pio XI e il suo tempo
11.00 intervento del card. Pietro Parolin
11.30 presentazione del progetto di recupero della Casa Natale
Basilica:
18.00 benedizione della cupola restaurata
18.30 S. Messa presieduta dal card. Parolin
21.00 concerto: coro e orchestra Amadeus
DOMENICA 29 MAGGIO – VII DI PASQUA
15.30 Il Centro: Sguardi che ridanno dignità. Incontro con don Paolo Alliata, a cura dell’Azione Cattolica
16.00 Basilica: celebrazione del Battesimo
21.00 S. Crocifisso: S. Rosario
GRAZIE PER LA GENEROSITÀ
Offerte raccolte in parrocchia nei giorni 11-17 maggio: € 2.088,00.
LA COMUNITÀ PREGA PER
I defunti della settimana: Antonella Villa Mazzola, Vittoria Recalcati Meda, Maria Spatazza Vella, Quinto Del Negro.
La mattina del 30 aprile scorso nel duomo di Milano sono stati proclamati due nuovi beati, appartenenti alla diocesi di Milano.
Si tratta di Armida Barelli (1882-1952), che fu promotrice dell’Azione Cattolica, dell’Università Cattolica e fondò opere per l’impegno delle laiche consacrate nei campi della spiritualità, della liturgia e dell’assistenza ai poveri. Una vita ricca e frenetica, ma segnata dalla fede, dalla preghiera, dall’accettazione della malattia.
Si tratta anche di don Mario Ciceri (1900-1945), nato a Veduggio, prete diocesano dal 1924, destinato a Brentana di Sulbiate come assistente dell’oratorio. Morto in seguito alle ferite riportate quando, tornando in bicicletta da Verderio dove aveva aiutato il parroco nelle confessioni, fu investito da un calesse. La sua azione pastorale fu per i ragazzi e i giovani, per gli ammalati e soprattutto per quanti erano partiti soldati durante la seconda guerra mondiale.
Questa domenica 15 maggio, il papa proclama santo Charles De Foucauld (1858-1916): un’altra vita inquieta, dapprima lontana dalla fede, poi da convertito radicale, fino a voler vivere come Gesù a Nazaret e poi, ordinato prete, da fratello universale nel Sahara algerino.
Tutti sanno che il miracolo della beatificazione è avvenuto a Desio e per questo sentiamo molto vicina la sua figura.
Possiamo conoscere meglio le vicende di questi santi attraverso le pubblicazioni e i siti loro dedicati. I santi, talvolta inosservati, vanno meglio conosciuti: sono un Vangelo vivo. E imitati nel loro saper vivere i giorni ordinari in modo straordinario.
Il brano del Vangelo è preso dal “testamento spirituale“ di Gesù e ha come tema l’amore: è presentato come “comandamento nuovo“ nel Vangelo, nell’inno della Carità di San Paolo e nella vita della prima comunità cristiana. Quello che colpisce in tutte e tre le letture è la novità di questo amore. Nel Vangelo si parla di un comandamento nuovo: Gesù, prima di comandare di amare i lontani, invita i suoi discepoli ad amarsi a vicenda, come già nell’Ultima Cena, quando dopo la lavanda dei piedi, invita a lavare i piedi “gli uni gli altri“.
I primi cristiani hanno recepito questa volontà di Gesù e gli Atti degli Apostoli riportano questo clima fraterno che dava grande forza alla predicazione degli Apostoli.
Gli interrogativi che la Liturgia di oggi ci pone sono tanti.
Siamo convinti che la carità è un dono da chiedere e da accogliere prima ancora di farla? Quante volte l’abbiamo chiesta al Signore, in particolare invocando lo Spirito Santo e celebrando l’Eucarestia?
Meditiamo sulle caratteristiche di questo dono ed esaminiamo il nostro modo di amare, se è riflesso o scandalo di quell’amore.
Guardiamo la nostra Parrocchia, il nostro modo di vivere i rapporti tra noi: assomigliamo a quelli della prima Comunità in cui “i credenti avevano un cuor solo e un’anima sola”?
Non dobbiamo scoraggiarci: il Signore risorto è sempre con noi, si dona totalmente a noi nell’Eucarestia e ci rende capaci “di amarci come Lui ci ha amato“ e quindi testimoni della sua presenza e del suo amore nel mondo.
È una devozione popolare antica e ancora praticata da molti fedeli quella del mese di maggio dedicato tradizionalmente alla Madonna e vissuto con vari momenti di preghiera, dalla recita del Rosario ai pellegrinaggi ai santuari. Papa Francesco ci invita a pregare Maria in modo più intenso in questo tempo particolare di prova che stiamo vivendo. “Cari fratelli e sorelle, contemplare insieme il volto di Cristo con il cuore di Maria, nostra Madre, ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova…” (dalla lettera del Santo padre Francesco ai i fedeli, maggio 2020)
Questo pensiero del Papa ci dà la possibilità di intuire come la chiesa da secoli veda in Maria la nuova Eva, colei che generando Cristo, l’uomo nuovo, ci permette attraverso di Lui di ritornare al Padre, di essere per mezzo della sua intercessione e guida, capaci di gridare anche noi come Gesù: “Abbà, Padre…”! Maria ci dimostra com’è possibile vivere santamente. La sua santità e grandezza stanno in primo luogo nell’essere la prima discepola di Gesù. Lei non parla delle cose di Dio, ma vive in Dio… Se guardiamo a lei, capiamo che la santità è possibile a tutti, perché è fatta di cose semplici, quotidiane: proprio nel fare ogni giorno piccole cose si diventa capaci di accettare la croce, di restare sotto la croce con dignità e corresponsabilità…
Dopo la morte, la resurrezione e l’ascensione al cielo di Gesù, gli apostoli si appoggiano a Maria, questa donna diventa il loro sostegno. Lei è con loro a continuare l’opera di suo Figlio. Infatti, negli Atti degli Apostoli si dice che gli apostoli erano assidui e concordi nella preghiera insieme con Maria, la madre di Gesù. Da allora e per sempre Lei continua anche in noi e con noi l’opera di suo Figlio. Gesù dalla croce ci ha affidati tutti a Lei. Chiamiamo Maria con il nome di “mamma” perché Gesù, prima di morire, «dice alla madre: “Donna, ecco tuo figlio”; poi dice al discepolo: “Ecco tua madre”». Il nome con il quale ci viene affidata è “madre”! Dio ha voluto che tutti gli uomini e le donne avessero bisogno di una madre che potesse dare loro la vita e li aiutasse a crescere, così è anche nello Spirito.
Anche per suo figlio, Dio ha voluto che facendosi uomo si incarnasse nel grembo di Maria, e Gesù ha voluto lasciare anche a noi suoi fratelli la stessa Madre, per essere ugualmente da lei cresciuti e custoditi. Perché anche noi potessimo sentire la sua presenza amorevole che ci rinfranca e ci solleva dopo ogni fatica o caduta, che ci spinge a sperare nell’amore immenso di Dio anche quando non riusciamo a sentirlo, che ci prende per mano e prega con noi e per noi. Non dobbiamo temere di invocare spesso il suo nome, Lei come la più buona delle madri, non desidera altro dai suoi figli, che solo possano affidarsi a lei, per poterli aiutare e far sentire loro il suo Amore di Madre.
Fabrizio Zo
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