Cristo Re: il giudizio dell’amore e la presenza di Gesù nei volti quotidiani

Oggi è l'ultima domenica dell'anno liturgico, occasione di bilancio della nostra vita.


Nella liturgia si parla del giudizio finale: non ci farà paura se siamo capaci di analizzarci nell'esame di coscienza alla luce della Parola del Signore.


La Chiesa ci fa celebrare la festa di Cristo Re, a prima vista anacronistica sia per l'appellativo di re, sia per l'immagine del pastore, poco familiare nella nostra società. Una festa voluta dal nostro concittadino Pio XI. Gesù è il re nel senso biblico: è il primo nella storia umana sia per natura (è Figlio di Dio), sia per conquista: Egli vince ogni opposizione, anche la morte. Ma questo non l'ha fatto sentire nostro padrone: Gesù accetta il titolo di re (gliel'avevano offerto molte volte) solo sulla Croce, quando dona tutto se stesso per gli uomini, per il suo gregge.


Gesù sarà nostro giudice, ma il suo sarà un giudizio che arriva dopo un lungo lavoro di amore e di perdono. Gesù non manda nessuno all'inferno, rispetta la nostra libertà, ma potrebbe vedersi costretto ad allontanarsi da noi perché non l'abbiamo voluto. I suoi sudditi sono persone corresponsabili, che lo seguono nel suo stile di vita, capaci di riscoprire ed onorare il loro re in ogni persona. Questa è la cosa più difficile: Gesù viaggia sempre in incognito. Il Vangelo fa notare che sia i buoni che i cattivi non si erano accorti della sua presenza.


La distrazione, non tanto nella preghiera, quanto nella vita, è uno dei peccati più frequenti e più gravi: il giudizio finale sarà sulla nostra capacità di riscoprirlo in chi indossa i panni di tutti i giorni, nei volti normali, magari i meno belli.


A Gesù, che nell'Eucaristia si offre come pane spezzato, chiediamo la capacità di spezzare a nostra volta il pane coi fratelli, in particolare con le famiglie in difficoltà per i grossi problemi di lavoro: sentano la nostra vicinanza e la nostra solidarietà.


don Alberto