Pellegrinaggio dei vescovi lombardi in Terra Santa
Nei giorni da lunedì 27 a giovedì 30 ottobre 2025 si è svolto il pellegrinaggio dei vescovi lombardi in Terra Santa. La decisione di intraprendere questo viaggio è stata suggerita da una video conferenza avuta con il Custode di Terra Santa circa un anno fa.
La guerra in atto a Gaza ha scoraggiato i pellegrinaggi e questo ha imposto alle comunità cristiane un isolamento e una solitudine dal resto del mondo e anche un impoverimento economico visto che la maggior parte dei loro introiti è legato al turismo religioso.
Quindi come vescovi di Lombardia, guidati dal nostro metropolita l’Arcivescovo Mario, abbiamo vissuto questo pellegrinaggio come un incoraggiamento alle comunità cristiane che là vivono e come una grande intercessione di preghiera per la pace. Ci hanno accompagnato alcuni preti collaboratori e una delegazione di giornalisti che hanno aiutato diffondere notizie che non sempre ci arrivano dai canali mediatici ufficiali.
Che dire in sintesi dopo questa esperienza? Sono stato più volte a Gerusalemme e nei territori della tradizione biblica e mi convinco sempre di più di quanto il termine “Terra Santa” sia carico di perplessità.
Può essere “Terra Santa” un territorio che da anni e anni è attraversato da guerre fratricide? Può essere Santa una terra dove nel nome di Dio si compiono nefandezze e violenze atroci? Sì perché mentre i riflettori sono accesi su Gaza si dimentica che nei territori palestinesi ad est di Gerusalemme è in corso una lenta ma decisa occupazione dei territori da parte di coloni israeliani; questa occupazione impedisce la libera circolazione, l’attività lavorativa ed educativa nelle scuole e minaccia costantemente anche la comunità cristiana che là vive tenacemente.
Eppure da cristiano non posso tralasciare il fatto che il nostro Dio in quella terra e a quel popolo ebraico si è rivelato. Non posso tacere l’assurdità di ogni antisemitismo per il fatto che Gesù, il nostro Dio, era ebreo e che la nostra liturgia è tutta ispirata alla liturgia ebraica! E quindi mi ritrovo a preferire, rispetto alla dizione di “Terra Santa” la definizione di “Terra del Santo”. Sì perché lì il Santo, nostro Signore, ha voluto rivelarsi nel corso dei secoli e lì ha preso carne e storia la sua vicenda culminata nella sua Pasqua.
La storia delle persone incontrate in questo pellegrinaggio ha segnato e completato il mio pensiero. Eccone alcune.
Le suore messicane che vivono con i beduini nel deserto fuori Gerusalemme e che attraverso il ricamo palestinese danno speranza e lavoro a donne mussulmane ed educazione ai loro bimbi in povere e malandate scuole d’infanzia … sono la presenza del Santo.
I “Parents circles” genitori israeliani e palestinesi che hanno perso un figlio perché ucciso dalla parte avversaria e che si ritrovano per dire basta alla violenza trasformando il dolore di una vendetta in occasione di riconciliazione e di pace, sono uno spettacolo Santo. E quando senti un israeliano e un palestinese che hanno perso entrambi una figlia, che ti dicono: “Se siamo fratelli noi è possibile che tutti lo siano!”. Questa è la parola del Santo.
La comunità cristiana di Taybeh (antica Efraim) che, con scarse risorse umane e materiali lotta nel silenzio per affermare la propria fede e l’attaccamento alla propria terra minacciata costantemente dell’invadenza dei coloni usurpatori di territori mi dice che cos’è la fede nel Santo.
La comunità cristiana di lingua ebraica di Gerusalemme che vive la fatica di coloro che dall’ebraismo si sono convertiti al cristianesimo e sono israeliani a tutti gli effetti, dice che ciò che ci unisce non è l’appartenenza culturale o l’identità nazionale ma il Vangelo. Questa è la logica del Santo.
Così ogni testimonianza incontrata fino a quella con il patriarca di Gerusalemme, il cardinale Pizzaballa, è stata una riscoperta di quei segni del Santo che nel silenzio e nella profezia fecondano ancora quella terra e per questo possiamo chiamarla ancora “Terra Santa”.
Ecco perché l’ultima mattina, nella messa celebrata al Santo Sepolcro, noi vescovi di Lombardia abbiamo affidato al Signore tutte le persone incontrate e i nostri fedeli a casa. Lì ai piedi del Calvario e davanti alla tomba vuota del Signore abbiamo ricompreso che i segni di speranza e di pace non nascono da una logica umana ma da Colui che ha testimoniato al mondo un’altra logica:
“Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24).
E’ questa logica del Santo che è vincente ancora oggi in Terra Santa e altrove.