La memoria dei defunti come celebrazione della vita in Cristo

Sembra strano, a prima vista, che la liturgia ambrosiana così gelosa della domenica come giorno del Signore (per cui sposta la celebrazione anche di feste popolari se capitano in questo giorno) ci faccia celebrare oggi il ricordo di  tutti i defunti.


Se però riflettiamo bene, ci accorgiamo che è una scelta giusta perché in questo giorno ricordiamo i nostri morti facendo memoria della Pasqua di Gesù, della sua resurrezione.


Il Vangelo ci rammenta le parole di Gesù:

"La volontà del Padre mio è che chiunque vede il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno".


Il nostro destino non è il cimitero, il dormitorio per il nostro corpo, ma l'essere con il Signore. Giobbe (come testimonia la Lettura di oggi) grida la sua fede:

"Io lo so che il mio Redentore è vivo. lo lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero".


Tutto questo perché, come ci ricorda Paolo nella seconda Lettura,

"siamo stati salvati dalla Croce di Gesù".


Il pensiero del cristiano va quindi oltre la tomba, ha la certezza che la morte di Gesù, accolta nell'abbandono totale al Padre, nel gesto di donarsi totalmente, ha cambiato il volto della morte stessa: da un muro invalicabile per i nostri legami più belli, da un vuoto incolmabile, l'ha trasformata in una pasqua, in un passaggio alla vita senza fine.


Non per nulla celebriamo prima la festa dei Santi e poi il ricordo dei morti: prima lodiamo il Signore, lo ringraziamo per tutti coloro che già vivono in pienezza con Lui e poi ricordiamo i nostri morti, pregando perché il Signore, se già non lo sono, li accolga presto nel suo Regno.


Non è con tristezza, ma con nostalgia che dobbiamo pensare ai nostri cari: da loro riceviamo l'invito a spendere bene la vita così da poterci un domani ritrovare insieme.


don Alberto