In anni non troppo lontani si avvertiva la paura che una forma di povertà ci potesse derivare dal fenomeno migratorio. Si diceva: “Ci portano via il lavoro” (spesso quello che gli italiani non volevano più fare).
Due anni fa lo scoppio della pandemia ha messo in difficoltà famiglie e imprese, riducendo la produzione e il lavoro, moltiplicando cassa integrazione e licenziamenti, interrogando tutti circa il futuro e le risorse per affrontarlo. La paura della povertà ha legittimamente toccato molte situazioni familiari e personali, che hanno sperimentato spavento e incertezza.
Ora lo scoppio della guerra influisce sulla nostra spesa energetica e su quella alimentare, l’inflazione è cresciuta e la prospettiva di doversi sentire più poveri di prima è tornata.
Peccato che al momento – almeno nei grandi mezzi di comunicazione – non si sia ancora fatto un calcolo dei costi effettivi di questa guerra: i costi delle armi,con conseguente aumento dei fatturati dell’industria militare; delle distruzioni di infrastrutture civili; della devastazione dell’ambiente, con la costante paura del disastro nucleare; dell’assistenza ai profughi.
Fondi enormi, sottratti a urgenze ben più importanti nei campi della salute, dell’educazione, del sostegno alle famiglie.
Quando l’energia e gli alimenti costano di più, forse noi possiamo risparmiare un grado o due del climatizzatore. Chi nei paesi più poveri vive già di un’economia di sussistenza, come potrà sopravvivere? Ai potenti questo interessa poco e procedono nella loro miopia. Non è così per i cristiani.
In occasione del 1° maggio, festa dei lavoratori, presentiamo un’associazione che, rifacendosi ai valori cristiani, si mette al servizio del mondo del lavoro conciliando l’insegnamento sociale della Chiesa e i diritti sanciti dalla Costituzione
Oggi pochi, pochissimi giovani sanno che cosa siano le ACLI, nate nell’immediato dopoguerra in epoca di unità sindacale come Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani.
Di solito oggi vengono associate ai loro servizi, senz’altro una parte importante – ma non l’unica – della loro identità. Essi spaziano dall’assistenza fiscale e di ausilio nel pagamento dei tributi (Caf), all’assistenza al lavoro, alla pensione e al welfare (Patronato), dall’assistenza alla famiglia per l’assunzione di lavoratori domestici, colf e badanti (Saf), all’assistenza ai cittadini stranieri (pratiche di permesso di soggiorno), fino all’assistenza nelle dichiarazioni di successione. A livello provinciale, attraverso un apposito istituto (ENAIP), fra i più importanti in Italia, le ACLI svolgono anche attività qualificata di formazione professionale. A livello locale viviamo la dimensione del Circolo, presente anche a Desio e dedicato al Fondatore delle ACLI nazionali, Achille Grandi, ubicato nella via a lui intitolata, dove morì. Un luogo che è anche momento di amicizia, ricreativo e anche di spiritualità e formazione.
Non manca la dimensione del turismo, attraverso ben due Agenzie di viaggi del Sistema ACLI che propongono vacanze alternative o gite giornaliere. Organizziamo momenti – in presenza e online – di lectio divina, di formazione e di spiritualità che ci portano a confrontarci, da cristiani, sulle problematiche più attuali, con particolare attenzione alla Dottrina Sociale della Chiesa.
Non dobbiamo avere paura di dirlo: le ACLI hanno anche una dimensione politica (che non significa certamente prendere le parti di un partito), perché provano a declinare la Bibbia e in particolare il Vangelo, l’insegnamento sociale della Chiesa, le encicliche dei Papi e i documenti del magistero in proposte concrete realizzabili a livello locale, nazionale e globale.
Non per nulla il logo che caratterizza le ACLI presenta una croce (la Croce di Cristo a cui – non dobbiamo dimenticarlo – in passato sono state contrapposte croci ad essa nemiche, che indica la nostra appartenenza a Cristo e alla Chiesa), un libro (che è anzitutto la Parola di Dio, la Bibbia e in particolare il Vangelo, ma è anche la Costituzione della Repubblica e, più in generale, ogni libro che ci forma come persone adulte e in grado di contribuire al progresso materiale e spirituale della società), una vanga e un’incudine (simboli del lavoro e della fatica che esso comporta, ma anche dei “lavoratori”, parola così cara anche alla Costituzione della nostra Repubblica).
Il tutto racchiuso in quello che parrebbe un esagono, ma che è, invece, una cella d’alveare, perché – come ci esortava Paolo VI – “le ACLI sono le api operaie della Dottrina Sociale della Chiesa” (che non è un di più della nostra formazione cristiana riservata a chi si occupa di politica o del sociale, ma che tutti siamo chiamati a conoscere per vivere una fede adulta!).
Ed è così che le ACLI anche oggi, dopo oltre 75 anni dalla loro nascita, possono ancora essere obbedienti alle loro tre fedeltà – alla Chiesa, al lavoro e alla democrazia – che, come ci ha ricordato Papa Francesco, si sintetizzano in una quarta fedeltà che le riassume tutte: la fedeltà ai poveri.
Nelle ACLI c’è spazio per tutti: per chi vi lavora e per chi vi sta da volontario, donando un po’ del proprio tempo per amore della giustizia che si fa cura del prossimo.
Durante la quaresima appena trascorsa, don David, cappellano della casa circondariale di Busto Arsizio, ha incontrato gli adolescenti per parlare della sua esperienza con i detenuti e del suo ruolo nella cooperativa “LA VALLE DI EZECHIELE”. Riportiamo un riassunto del progetto che don David sta seguendo per aiutare i carcerati.
Cos’è la valle di Ezechiele? La “Valle di Ezechiele” è una cooperativa sociale senza scopo di lucro in cui i detenuti della casa circondariale di Busto Arsizio, non solo trovano un lavoro, ma anche la “risurrezione”.
Dove nasce l’idea? “La Valle di Ezechiele cooperativa sociale” nasce nel giugno 2019, da un’idea di don David Maria Riboldi, cappellano della casa circondariale di Busto Arsizio, stanco dell’ozio forzoso cui il sistema penale italiano costringe chi ha da espiare una pena e allo stesso tempo desideroso di dare un’opportunità ai carcerati.
Qual è la missione? Lo scopo è quello di rimettere in piedi, “far risorgere”, persone che sono cadute e che spesso non sono consapevoli di aver bisogno di una mano.
Perché Ezechiele? Entrando in carcere si fa spesso l’esperienza di Ezechiele, che si trova a camminare in una valle piena di ‘ossa inaridite’.Il Signore, però, rimette insieme i pezzi e non butta via niente.
Cosa fanno i detenuti? I detenuti lavorano, in particolare si occupano di dematerializzazione di archivi cartacei, sbavatura e selezione di componenti in gomma, fanno corsi fotografici e realizzano cesti di Natale.
Perché il lavoro? Il lavoro è uno strumento efficace per la rieducazione dei detenuti, diminuisce i casi di recidività (che in Italia sono del 70%) e permette di sopperire anche al piccolo numero di educatori che possono aiutare i carcerati nel percorso in carcere.
Gesù è risorto e, oggi come allora, si rende presente in mezzo a noi per portarci il dono inestimabile della Pace: con tutta la chiesa chiediamo il dono della pace, nei nostri cuori, nelle famiglie, in Ucraina, in tutto il mondo!
Il gruppo del Rinnovamento nello Spirito “Gesù Misericordioso” invita tutti a celebrare con gioia ancora una volta la fedeltà del Signore Risorto nel Primo Venerdì del Mese, il 6 maggio ore 21 nella Chiesetta Sussidiaria del Sacro Cuore in via Segantini.
Celebriamo il Signore perchè è buono: Eterna è la Sua Misericordia!”
La provocazione arriva addirittura da papa Francesco nel giorno di Pasqua: «Si scelga la pace. Si smetta di mostrare i muscoli mentre la gente soffre. Per favore, per favore: non abituiamoci alla guerra, impegniamoci tutti a chiedere a gran voce la pace, dai balconi e per le strade! Pace!».
Smettere di mostrare i muscoli: un fenomeno che avviene non solo tra eserciti o alleanze politico-militari, ma che può ritrovare il suo ambiente nei luoghi di lavoro, nelle famiglie, talvolta nei rapporti tra i giovani; lo ritroviamo come premessa negli stili di vita della criminalità organizzata, delle baby-gang e nei casi di femminicidio; talvolta persino in riunioni di condominio o in dispute sportive.
Non abituiamoci alla guerra: ci si può abituare quando non si sente più dentro di sé una forza contraria alla guerra, quando si cercano giustificazioni, quando le notizie cominciano a scemare e si torna a interessarsi di altro. Qui dovrebbe valere la tolleranza zero.
Scriveva il teologo protestante tedesco Dietrich Bonhoeffer (morto nel campo di concentramento di Flossenbürg nel 1945): «Come si crea la pace? Con un sistema di trattati politici, investendo capitali internazionali nei paesi, vale a dire attraverso le grandi banche, mediante il denaro? O addirittura attraverso un riarmo pacifico generale con lo scopo di assicurare la pace. Le battaglie non vengono vinte con le armi, ma con Dio, vengono vinte anche laddove la strada porta alla croce».
Da cristiani vogliamo ancora vincere con Dio, e con la quotidiana preghiera per la pace.
ANCHE UN GRUPPO DI GIOVANI DESIANI ERA PRESENTE ALLA CELEBRAZIONE DELLA TRADITIO SYMBOLI NEL DUOMO DI MILANO INSIEME A DON DAVIDE CIARLA
Sabato 9 aprile, nel Duomo di Milano, l’arcivescovo Mario Delpini ha incontrato alcuni catecumeni, destinati a ricevere il battesimo nella veglia pasquale, e i giovani della diocesi di Milano per la tradizionale veglia Traditio Symboli. Il titolo della celebrazione, “Desiderate ardentemente i carismi più alti”, è diventato nelle parole dell’Arcivescovo un invito ai giovani e ai catecumeni, che sono allinizio della vita, chiamati “generazione degli inizi”, a non spaventarsi davanti alle difficoltà “non spaventiamoci se siamo spaventati” e a desiderare le cose più grandi “siamo amati per quello che siamo; non rinunciamo ai desideri più grandi: crediamo alle promesse del Signore; non ci dimentichiamo degli amici”. Hanno “accompagnato” la veglia l’esempio di Armida Barelli, don Mario Ciceri e Charles De Foucauld in via di beatificazione o santificazione nei prossimi mesi.
Alla fine della veglia l’Arcivescovo si è spostato a piedi con un gruppo di giovani verso s. Vito al Pasquirolo, chiesa ortodossa vicino al Duomo, per esprimere la vicinanza alla comunità ortodossa dei cristiani ucraini e russi.
Anche quest’anno si ripete la tradizione del giro dei sepolcri.
Divisi per oratori, adolescenti e giovani della città sono partiti da piazza Conciliazione, ciascuno munito della propria bici, seguendo un itinerario composto da 5 tappe: Basilica, santuario della Madonna pellegrina, San Giovanni Battista, San Pio X e Beata Vergine Immacolata. Ad ogni tappa, è stato proposto un momento di riflessione sui brani del Vangelo della Pasqua, insieme ad un’attività legata ai 5 sensi.
Udito, olfatto, vista, tatto e gusto sono infatti ciò che serve per vivere concretamente il Vangelo.
“È stato molto interessante sia per noi educatori che per i ragazzi – ha dichiarato un educatore dell’oratorio S.Pio X – Abbiamo fatto esperienza di Gesù risorto tramite i 5 sensi, accompagnati dai brani del vangelo. Le attività organizzate in ogni tappa sono riuscite a coinvolgerci e ci hanno spinto ad una riflessione personale, fondamentale per vivere a pieno il tempo della Pasqua.”
Il pellegrinaggio si è concluso all’oratorio BVI dove i ragazzi dei diversi oratori si sono riuniti per un momento di preghiera conclusivo, al termine del quale è seguito il pranzo al sacco.
In questi periodi di chiusure forzate in casa, nascono delle richieste inconsce di far pulizia tra gli scaffali e i faldoni strapieni di spartiti, fogli di musica ingialliti, fotocopie consunte, appunti risalenti al periodo di studi, sistemati nella più totale disinvoltura e anarchia programmata. E proprio piegato dall’insistenza (certamente non mia) di fare ordine in tutto questo marasma, si ritrovano dei cimeli apparentemente relegati in fondo alla memoria della nostra esperienza. Ma qui arriva l’aspetto imprevisto del ricordo infantile di quando all’oratorio (ora B.V.I.) si allestivano spettacoli, chiamati “operette” progettati per la festa della mamma del mese di maggio. La sorpresa: Fior di Loto operetta in tre atti,libretto e musica di Romolo Corona. Ritrovo questo spartito per canto e pianoforte, e tutto, improvvisamente, ritorna alla memoria quel periodo. Correva l’anno 1962, sessanta anni fa. Qui il potere della musica si manifesta in tutta la sua forza. Come aver aperto un “file nascosto” della nostra memoria tornano alla mente le musiche eseguite al pianoforte e all’organo elettrico (allora si chiamava così) da due persone che, senza saperlo, e senza volerlo, mi hanno formato al senso del bello e alla fatica per raggiungerlo. Pio Garoni che insegnava i canti da gennaio (era il progetto che si metteva in opera dopo le festività natalizie) e Adolfo D’Aniello che affascinava tutti noi bambini con i suoni dell’organo elettrico fatto arrivare per l’occasione. E qui iniziavano le prove in oratorio: copione a memoria, canti solistici e in coro, sempre tutto a memoria, ma si sa che a dieci anni la memoria non ha nessun vuoto. Tutto facilissimo! Taky-Li, padrone del Bazar, il Mandarino, Tciang, Li, Miss Mary Dolly e Mister Spenser.
E poi le danze con i canti del coro dei bambini, dei marinaretti (marinaretti l’azzurro mar, il brano più affascinante e più cantato di noi bambini) dei fantocci giapponesi e la mitica danza del drago, senza dimenticare l’eleganza della danza dei lillà. Questi erano i personaggi che gravitavano attorno ai protagonisti: Fior di Loto e Fukuki, suo fratello, interpretato dal sottoscritto. Quanta emozione allora, ma l’emozione si rinnova anche adesso che sto riprendendo da un altro punto di osservazione tutti questi ricordi.
Questa volta seduto al pianoforte a suonare queste musiche. Mi ricordo tutto: i passaggi, le melodie, i cori, le scene, i costumi e anche l’emozione e l’imbarazzo infantile di dover dare un bacio a Fior di Loto, in scena e durante le prove (esigenze di copione) dopo una struggente melodia cantata da me per l’ultimo saluto, prima della partenza della sorella sulla nave, verso un mondo migliore.
Ora posso ripensare a tutto questo e ad altre esperienze fatte in oratorio. Era la mia seconda casa, lì ho trovato amicizie che ancora oggi persistono, ho trovato la gioia di stare insieme e condividere con i miei “compagni di canto” (si chiamavano piccoli cantori o in modo più altisonante pueri cantores) l’interesse per la musica e per il teatro, l’attenzione che ci riservava il prete dell’oratorio, e di conseguenza l’entusiasmo nel fare tutto questo. C’era un progetto che da bambino non riconoscevo, ma che ora, a distanza di anni, con il famoso senno di poi, percepisco nella sua grande luminosità, concretezza e attualità. Era la formazione che iniziava dalla famiglia ed insieme alla famiglia continuava al di fuori della famiglia stessa, all’oratorio, a scuola. Questo insieme di panacea educativa, la musica, il teatro, la danza, avevano un compito educativo inconscio, quello cioè di sensibilizzare il senso del bello e buono, esprimendo la sintesi di tutte le virtù, sia estetiche che morali.
“Educare i fanciulli fin dalla infanzia al bello in modo che in età adulta, avendo fatto tesoro di quanto percepito, saranno in grado di giudicare con fermezza in età adulta, comportandosi e diventando uomini giusti”
Questo pensiero è la sintesi di quanto gli antichi filosofi greci riponevano nell’educazione musicale e artistica chiamata mousike, un significato composito indicando l’insieme di musica, danza e poesia.
Diventa un young service designer: il consorzio comunità Brianza (CCB) propone l’esperienza. Un progetto rivolto ai ragazzi dai 16 ai 21 anni per un percorso di formazione sul social service design ispirato al programma dell’Unicef chiamato UPSHIFT e la cui metodologia è stata trasferita a nostri youth workers da un esperto americano di social service design il cui nome è Joshua Harvey (uno degli ideatori di questa metodologia).
Dopo la formazione, i ragazzi continueranno il lavoro con i comuni in ottica di co-progettazione dello spazio disponibile. Inoltre, in 10 potranno partecipare a due eventi europei transnazionali incontrando altri ragazzi europei. Quando l’idea è stata finalizzata ci sarà una fase pilota in cui il servizio si testerà per alcuni mesi.
Tutti i ragazzi potranno inoltre ricevere la certificazione “lever up” da Ancilab utile per il lavoro e la mobilità europea. Tutta la formazione è gratuita.
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