IV Domenica dopo Pentecoste

La seconda Lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei (che gli esegeti ritengono una lunga predica pronunciata probabilmente in una celebrazione eucaristica), ci invita a riflettere sul fondamento della nostra vita cristiana, che è la fede.

La fede è la capacità di guardare la nostra vita e la storia del mondo con gli occhi di Dio, il protagonista assoluto, per il credente, della storia del mondo e di ciascuno di noi.

La fede è un dono da chiedere e da testimoniare ogni giorno. E’ il Signore che è norma morale per il credente, del nostro modo di pensare, parlare, vivere. Oggi nella Lettura e nel Vangelo ci ricorda quale deve essere il rapporto tra di noi. Condanna la gelosia, l’invidia che può portare all’omicidio del fratello: purtroppo, sono cronaca di tutti i giorni i delitti anche in famiglia. Condanna anche l’uccisione di un reo confesso di omicidio: “chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte“. Ciò dovrebbe farci pensare alla pena di morte in vigore ancora in tanti paesi.

Gesù non rinnega la Legge, ma la porta a compimento nel Discorso della montagna in cui ci ricorda che si uccide il fratello anche col giudizio, con la parola. Se dico stupido, pazzo a mio fratello, l’ho già ucciso come persona, non vale nulla per me. Non si può pensare di poter pregare, offrire un sacrificio al Signore, se non si è in pace con i fratelli: è per questo brano che il rito ambrosiano ha anticipato lo scambio della pace a prima dell’offertorio.

Proviamo a verificare la nostra vita: siamo in pace, siamo capaci di accoglienza, di perdono con tutti? Lo scambio di pace è un gesto formale o un segno d’impegno?

Chiediamo al Signore di aiutarci a perdonare e ad andare d’accordo con tutti. Chiediamo a Lui, che si fa pane spezzato, che anche noi abbiamo a spezzarlo per gli altri, in un atteggiamento di umiltà, di disponibilità.

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