In queste domeniche la liturgia ambrosiana ci fa ripercorrere tutta la storia della salvezza, dalla creazione al trionfo di Cristo, re dell’universo.
Questo ci aiuta a scoprire da una parte l’amore fedele e gratuito del Signore e dall’altra tutta la nostra debolezza e il nostro peccato.
Siamo abituati a riscoprire nel creato la mano di Dio, lodandolo e ringraziandolo? Siamo rispettosi del mondo in cui viviamo, impegnandoci a mantenerlo bello o siamo sfruttatori selvaggi, inquilini distratti?
La liturgia di oggi ci riporta il primo gesto di rifiuto, da parte dell’uomo, del suo creatore: il peccato originale.
Leggendo il racconto della Creazione in cui tutto è bello, ordinato e in armonia, facciamo fatica a riscoprirvi il nostro mondo, pieno di contrasti, di odio e di cattiverie. Anche il nostro cuore spesso non pensa come il Signore vuole, è disordinato nei suoi desideri, nelle sue passioni.
Come mai?
Il libro della Genesi ci ricorda che questo non è colpa di Dio, ma dell’uomo che dall’inizio non ha creduto all’amore di Dio, non ha accettato il suo essere creatura, ha voluto decidere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa fosse male, credendo di più alle parole del tentatore che a quelle di Dio.
Il frutto di tutto ciò è stato lo scoprirsi miserabili, paurosi di Dio, incapaci di amore vero tra fratelli. L’esperienza del peccato, vissuta dai progenitori, è la costante della storia umana: Paolo lo ricorda continuamente.
Non dobbiamo però scoraggiarci. Il racconto del peccato originale ha in sé il proto Vangelo, il primo annuncio di salvezza. Il Vangelo, riportandoci la figura di Giuseppe timoroso della gravidanza di Maria, ricorda che Gesù è “colui che salva“, è “l’Emanuele, Dio con noi“ che realizza la promessa fatta all’inizio della storia: a noi accettarlo come creature e come figli.
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