Nel messaggio di saluto e di ringraziamento alla Comunità di Desio, che ha guidato e custodito per sette anni, don Gianni ci lascia un’esortazione a “prendere il largo”, a diventare una comunità di testimoni vivendo pur in mezzo a mille dubbi e difficoltà – da cristiani nel mondo.
Pensavo che le coincidenze di alcune date tra la mia vita e la comunità di Desio dovessero segnare un legame indissolubile tranoi: il 1 ottobre la festa di santa Teresa di Gesù Bambino, patrona della Comunità Pastorale, coincide con la mia data di nascita e il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario patrona della città, coincide con la data del mio Battesimo.
Il Signore ci insegna che conduce la nostra vita come vuole Lui e non secondo schemi prefissati, che – per quanto riferiti ai santi – possono saltare.
In questo momento di congedo ho scelto che a parlare siano due vetrate della nostra basilica che sintetizzano due espressioni di Vangelo essenziali a rileggere questo momento e il cammino di questi anni.
«Io sono la via, la verità e la vita»
Come ho avuto occasione di dire tante volte in questi anni, si tratta di una delle scritte che ho trovato maggiormente ripetute in tutte le lingue in chiese e cappelle di tutto il mondo, comprese costruzioni provvisorie di fango e paglia.
È Gesù che dice così e si pone come origine, traguardo e compagno di strada; è lui che ci consente di dire e fare cose che abbiano un senso e di discernere ed evitare ciò che ci danneggia.
Tutti cercano verità e vita: Gesù lo è per tutti ed è via, cammino per non perdere la direzione giusta.
La vetrata è accompagnata dai simboli dei quattro evangelisti, a ricordare il nostro attaccamento alla parola di Gesù e quella indicazione preziosa del card. Martini che ho citato spesso: «Sono sempre più persuaso che un’educazione all’ascolto del Maestro interiore passa per l’esercizio della lectio divina, della meditazione orante sulla parola di Dio, e non mi stancherò di ripetere che essa è uno degli strumenti principali con cui Dio vuole salvare il nostro mondo occidentale dalla rovina morale che incombe su di esso a causa dell’indifferenza e della paura a credere. La lectio divina è l’antidoto che Dio propone ai nostri tempi per farci superare il consumismo e il secolarismo, favorendo la crescita di quella interiorità senza la quale il cristianesimo non supererà la sfida del terzo millennio».
Ascolto della Parola e cura dell’interiorità: così continuiamo a seguire Gesù, via verità e vita.
«Prendi il largo»
Non si tratta qui solo di un’indicazione per me come persona ad assumere un nuovo incarico, per di più sulle rive di un lago, ma della chiamata a ogni comunità cristiana a guardare oltre, a non rimanere chiusa in abitudini e ripetizioni, ad allargare gli interessi a tutto ciò che è umano – la cultura, la salute, il lavoro, la famiglia, la giustizia, la pace, i poveri – e a tutto ciò che il mondo oggi ci porta in casa come varietà di popoli e di religioni, affinché ogni uomo e donna possano incontrare la gioia del Vangelo e liberamente sceglierla come fondamento della vita.
L’invito di Gesù a prendere il largo non è per un’iniziativa individuale, sporadica, ma tocca tutti i battezzati
e le battezzate, che potranno contribuire a edificare una comunità di testimoni solo se saranno andati al
largo, vivendo – pur in mezzo a mille dubbi e difficoltà – da cristiani nel mondo. E riconoscendo come la fede può essere vissuta in modi diversi, e tutti autentici, secondo le età, le lingue, le culture.
Come gli apostoli diciamo «sulla tua parola getterò le reti», perché il Signore non ci manda allo sbaraglio,
ma alla fine sale con noi sulla barca della vita e la orienta in mezzo alle tempeste.
Condividendo queste due parole, che sono state anche visivamente davanti a noi in ogni nostra celebrazione e che continueranno a essere ben visibili, dico la mia gratitudine al Signore che mi ha chiamato tra voi a condividere un tempo di cammino di fede e di chiesa
È difficile oggi specificare il grazie a ciascuna e ciascuno di voi – anche a chi non può essere qui stasera – senza far torto a qualcuno. Lo faccio in questa celebrazione – questa è l’Eucaristia – rendendo grazie al Signore che ha animato, custodito e accompagnato i passi di questi sette anni, che ha dovuto perdonarmi molte cose, e che affida ora questa comunità alla cura attenta e generosa di un nuovo pastore.
Monsignor Gianni Cesena
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