L’invito di Gesù Risorto – «Toccatemi» – non si limita al tatto: l’ascolto di una voce, di una parola, equivale al toccare, perché crea le stesse sensazioni, o ne procura di più profonde: fiducia, convinzione, sicurezza, tenerezza, stupore, dubbio, spavento, tristezza. Chi ascolta non resta uguale a prima. Questo accade anche di fronte alla parola di Dio, specialmente quando è la parola che i Vangeli mettono in bocca a
Gesù.
Quel «Toccatemi» equivale a dire «Cercate di ricordare tutto ciò che vi ho detto, perché la mia morte e risurrezione confermano le mie parole». Ed equivale anche ad affermare «Ricordatevi di ciò che ho fatto e fatelo conoscere, affinché il mio stile di vita diventi il vostro e quello di coloro che vi ascolteranno».
Ascoltare la testimonianza dei discepoli sulle parole e opere di Gesù è infatti ascoltare Gesù stesso, un altro modo di toccarlo, di entrare in contatto con lui.
Abbiamo nella Bibbia e specialmente nei Vangeli un tesoro straordinario per toccare Gesù, ma per molti cristiani resta ancora inesplorato, perché contenti di quattro idee imparate al catechismo dell’infanzia e
magari di qualche bella predica ascoltata in un santuario o di qualche devozione ai santi. Cose buone, ma sotto la linea della sufficienza.
San Gerolamo, traduttore delle Scritture dagli originali al latino, dichiarava: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo». Molti conoscono a memoria gli slogan pubblicitari o le canzoni di Sanremo: e i Vangeli?