Categoria: Testimonianze

  • Card. C.M. Martini – Parole e Vita

    La sera del 6 settembre 2017 abbiamo vissuto in Basilica una serata di preghiera e riflessione nel V anniversario della morte del card. Carlo Maria Martini, organizzata dall’Azione Cattolica, dal significativo titolo “Parole e Vita”. Mons. Giovanni Giudici, già suo Vicario generale e successivamente Vescovo di Pavia, ha portato la preziosa testimonianza che qui riportiamo.

     

    PAROLE E VITA

    Nel quinto anniversario della morte del Card. Martini

    Un famoso storico della Chiesa narra che quando morì Carlo Borromeo, molti ecclesiastici commentarono il fatto usando questa immagine: “Si è spenta una luce in Israele”. Siamo qui radunati, nella persuasione che la luce che si è accesa per noi, negli anni del ministero di Martini a Milano, ci è stata consegnata, e va conservata viva.

    Abbiamo ascoltato le parole del Cardinale, ci sono state ricordate le sue scelte, abbiamo potuto sentire di nuovo brani che fanno presenti a noi lo suo stile di vita. Tutto questo è stato ed è ricchezza per noi. Desideriamo che continui ad esserlo per noi, e per quanti non hanno avuto il dono e la responsabilità di conoscerlo, di ascoltarlo, di accogliere il suo magistero.

    Intendo richiamare alcune caratteristiche del magistero del Cardinale, proprio a partire dalla preghiera che abbiamo insieme vissuto ascoltando le parole sue e di altri testimoni.

    Il primo aspetto che desidero richiamare, si collega con la scelta di offrire alla Diocesi, nella prima lettera pastorale che ci ha scritto, un invito inatteso. Nella metropoli  di Milano, e in buona parte della terra lombarda, per tradizione attiva e impegnata nella produzione di beni e servizi, egli ha scritto: “La dimensione contemplativa della vita”.

    Si è trattato dell’inizio di un magistero, ma anche di un ministero, volto a riaffermare il senso, il valore, la fecondità della trascendenza. Pensiamo alla scelta di proporre Ritiri Spirituali a tutto il clero: almeno tre volte ha attuato  questa iniziativa.

    Ravvivare il senso di Dio, richiamare la possibilità di dialogare con Lui, di avvertirlo come presente e sovranamente attivo nella propria vita, significa insegnare a stare in piedi nel turbine quotidiano di fatti, notizie, mode. Il confrontarsi con Dio consente di comprendere meglio il proprio cammino ed abituarsi a pensare e a credere che il Signore ha un progetto su ciascuno di noi. Chi accetta di aprire il discorso sulla volontà di Dio, che ci attira e che noi scegliamo, privilegia la voce interiore dello Spirito, e la privilegia rispetto alle proprie voglie, e ai propri desideri; chi si propone come fine l’incontrare Dio, diviene una persona capace di voler bene. E la scelta di farsi accompagnare e sostenere dall’amore di Dio rende ricco di significato il lavoro, la propria appartenenza familiare, la propria presenza nella società.

    Ecco perché non rinunciò mai a predicare gli Esercizi Spirituali, a raccogliere in ritiro i preti e ogni ordine di credenti, a insistere tanto sulla scelta di sostenere la propria giornata con la Lectio divina serale o mattutina.

    Un secondo aspetto che è opportuno richiamare, riguarda lo stile di vita e di rapporti istituzionali e personali che il Cardinale Martini ha vissuto, e per i quali è importante per noi guardarlo come modello.

    Come sappiamo, secondo il Vaticano II, la rivelazione di Dio agli uomini non è un contenuto –verità da credere- ma un evento di incontro, di relazione, di comunicazione, di scambio. Dio “nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé” (Dei Verbum n.2).

    Carlo Maria Martini possiamo dire che ha una concezione “relazionale” dell’annuncio. Mostra sempre una grande sensibilità nei confronti delle persone a cui parla: ha il dono di ‘interpretare’ i suoi ascoltatori, le loro attese. Quando presentava la dottrina della Chiesa sembrava proporla comprendendo le ragioni della gente, e la loro difficoltà a credere. Esponeva il pensiero cattolico, il messaggio evangelico, non entrando mai in polemica con nessuno. Non usava mai l’espediente, tanto comune tra noi predicatori, di descrivere il male, gli errori, i limiti della situazione, oppure di prefigurarsi un avversario con cui fare polemica. Allievo della Parola, sapeva bene che non significa nulla l’elencare tutti i lati negativi di una situazione, perchè il seme della Parola è così fecondo da fruttificare in ogni situazione umana.

    La Parola di Dio infatti salva per se stessa, tocca i cuori, ne demolisce le chiusure, indebolisce e supera ciò che fa da ostacolo all’incontro con Dio.

    Un simile atteggiamento consentiva al Card. Martini di collocarsi in maniera positiva nel difficile e continua discussione, presente nella Chiesa, a riguardo della ‘differenza cristiana’, tema difficile e ragione di continuo travaglio. Per alcuni la novità del cristianesimo è negata tutte le volte che non si afferma in pieno e con ogni mezzo la verità. Per altri occorre ricordare che non c’è una verità cristiana ‘fatta e finita’ da esporre e applicare. Occorre sempre da capo domandarsi quali sono le situazioni e le condizioni di vita nelle quali la Parola evangelica risuona. E dunque ritengono che occorre impegnarsi, con l’aiuto dello Spirito Santo, a rendere accessibile e attraente la verità cristiana nel contesto storico e culturale che va mutando. Si vede il fatto cristiano dal modo con cui una persona esercita la sua professione, vive la vita familiare, sviluppa un impegno sociale. Il Cardinale ha saputo insegnarci che il confronto tra Parola di Dio e cultura del nostro tempo è il modo corretto di rispettare la verità proposta dal Vangelo.

    Da ultimo ritengo che il Cardinale Martini insista con noi perché abbiamo ad amare la Chiesa. Questo suo voler bene alla comunità cristiana si è visto nello svolgersi della sua missione tra noi, a cominciare dalle piccole cose, fino alle più grandi. Le piccole: non si porta con sé da Roma, o dalla Compagnia di Gesù, dei collaboratori, ma li sceglie tra i sacerdoti e i laici della nostra Chiesa. Accetta con semplicità il rito ambrosiano, in tutte le sue particolarità. L’ampio giro del turibolo… Accoglie lo stile pastorale milanese, di cui siamo umilmente orgogliosi: una Chiesa di popolo, un laicato intraprendente e attivo, un clero che sta vicino alla gente.

    Ci insegna ad amare la Chiesa perché l’ha voluta più obbediente al Signore e al Suo vangelo, ma a partire da quella comunità concretamente esistente, con gli uomini che la governano, i suoi confratelli cardinali e vescovi e preti. Egli, quando ne parlava, sottolineava che la Chiesa non mai stata tanto cattolica come ora, diffusa nei diversi continenti, mai unita come in questi anni, straordinariamente ricca di teologi competenti, e di membri generosi, fino al martirio.

    Egli ha amato la Chiesa anche a costo di incomprensioni. Pensiamo alle illazioni e alle critiche  per aver proposto un cammino più ‘sinodale’ per la comunità cattolica. Egli parlava di un procedimento di conquista della verità condivisa, in un clima di creatività, di collegialità, di speranza. Dalla stampa laica gli venne attribuito di volere un nuovo Concilio Vaticano III.

    Su questa e su altre affermazioni laici e cattolici lo vollero mostrare in dialettica con il Papa. Mai ci fu ombra di critica espressa, sulle sue labbra, per i Pontefici con i quali collaborò. Ma certo ha mostrato un impegno vigoroso per correggere i lati non evangelici della via della nostra comunità, e per introdurre modalità nuove di vita di Chiesa: la lettura della Scrittura perché divenga più familiare ad ogni credente, la formazione dei laici e il rispetto per le loro competenze in campo civico, politico, culturale; l’Azione Cattolica, la collocazione dei movimenti nella vita della comunità, la valorizzazione dei consigli presbiterali e pastorali, la formazione e la vita del clero.

    Nell’ultima intervista da lui rilasciata (2012 “L’ultima intervista” a cura di G. Sporschill e F. Radice Confalonieri) all’intervistatore egli rivolge una domanda conclusiva: «Cosa puoi fare tu per la Chiesa?»”. E’ la domanda che questa sera egli rivolge a ciascuno di noi.

  • Giornata in difesa della vita

    Segnaliamo questa importante iniziativa che si svolgerà presso il PalaDesio domenica 18 maggio.

    18maggio

  • Suor Chiara Elisabetta ringrazia

    Cari amici della parrocchia SS. Siro e Materno e… dintorni,

    non essendo sicura di riuscire a farlo individualmente, vorrei, attraverso queste righe, raggiungervi tutti…
    …con un grazie ancora pieno di voci, volti, abbracci per tutti voi che avete potuto essere presenti qui in Assisi il giorno della mia professione solenne, condividendo più da vicino la grazia di questo momento: la vostra presenza festosa mi ha fatto sentire ancora benvoluta e custodita dalla mia comunità d’origine !

    …con un grazie colmo di riconoscenza per tutti voi – anche per chi, magari pur volendolo, non ha potuto esserci – che, in diversi modi, con discrezione e generosità, vi siete fatti ugualmente vicini attraverso i messaggi, i doni, le offerte: siete stati segno della bontà di Dio e della sua Provvidenza!

    …con un grazie leggero e delicato per tutti voi che, in silenzio, soprattutto con la preghiera, il ricordo, l’affetto,- forse anche con l’offerta di una sofferenza o di una malattia – avete accompagnato il mio “sì”: anche se in alcuni casi i vostri nomi e i vostri volti sono sconosciuti agli uomini, sono luminosi davanti a Dio !

    Il mio cuore è ancora pieno di festa, di gioia e di stupore per il grande dono che ho ricevuto e desidero che tutto questo non sia solo per me, ma, attraverso le vie note a Dio solo, un riflesso di questa bellezza possa raggiungere ciascuno di voi e rallegrare la vostra vita, darvi serenità, pace consolazione e ogni bene necessario.

    Vorrei che proprio nessuno di voi si considerasse estraneo a questo ringraziamento: sentitevi tutti ricordati e custoditi da un preghiera piena di gratitudine, non solo per il  7 giugno, ma anche per tutta la storia che ci lega. Dopo la mia famiglia, infatti, è stata la fede di questa comunità, la vostra fede e testimonianza che – nell’oratorio, come in tante esperienze condivise – mi ha generato a questa vocazione, in cui, il Signore, pieno di gioia, ha preso me sulle sue spalle (cfr Lc 15,3-7, il vangelo della professione) per mostrare a tutti il suo amore e la sua misericordia.

    Con questi sentimenti, faccio mie le parole di S. Chiara come dono e benedizione per ciascuno di voi:

    Il Signore vi benedica e custodisca,
    mostri a voi la sua faccia e vi usi misericordia,
    rivolga a voi il suo volto e vi doni la pace.
    ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui.
    Il Signore sia sempre con voi

    Sr Chiara Elisabetta

    Monastero di S. Quirico
    Assisi, 19 giugno 2013

  • Presentazione “Orme di un cammino”

    Giovedì 27 giugno 2013 ore 21.00 presso la chiesa dei Ss. Pietro e Paolo, Via S.Caterina 9 – Desio si terrà la presentazione del libro di don Giuseppe Corbari

    Ti consegno queste pagine
    chiedendoti di accoglierle
    con delicatezza,
    invitandoti a scendere
    nel pozzo dell’umano,
    per raccogliere
    l’abisso del cuore di un prete,
    di ogni prete,
    che come me,
    sotto il peso delle proprie
    fragilità,
    cerca la strada
    per andare incontro
    all’abbraccio di amore di Dio,
    spesso rassicurante e,
    talvolta,
    indecifrabile.
    [dalla prefazione]

     

  • Difendere l’embrione: una battaglia di civiltà

    Difendere l’embrione: una battaglia di civiltà

    La campagna dei cittadini europei Uno di noi

    (di Franceso Rossi, dal mensile dell’Azione Cattolica Segno nel mondo)

    Fin dal primo momento è “uno di noi”. Una nuova vita, un embrione che, se potrà vedere la luce, diventerà bambino o bambina, poi uomo o donna. Ma il suo “diritto alla vita” oggi è messo in discussione, in tanti casi negato, e per questo ha preso il via l’iniziativa dei cittadini europei “Uno di noi”, che si propone di portare nelle sedi istituzionali dell’Unione europea (Ue) il tema della difesa e della promozione della vita. L’obiettivo dichiarato è la “prote-zione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento”, e a tal fine si chiede all’Ue di “intro-durre un divieto e porre fine al finanziamento di attività che presup-pongono la distruzione di embrioni umani”.

    No, dunque, al sostegno di ricerche “finalizzate alla clonazione umana” o “che distruggano embrioni umani, incluse quelle volte all’otte-nimento di cellule staminali, e atti-vità di ricerca comportanti l’utilizzo di cellule staminali embrionali umane in passaggi successivi al loro ottenimento. Inoltre, niente soldi pubblici neppure a “organizzazioni che praticano o promuovono l’abor-to”.

    Per dare seguito alla campagna, portandola all’attenzione delle sedi Ue, l’obiettivo iniziale è la raccolta di almeno un milione di firme: un traguardo al quale ha contribuito la giornata di mobilitazione indetta dalla Chiesa italiana e che ha visto in prima fila parrocchie, associazioni e mass media (anche da noi a Desio lo scorso 2 giugno nelle chiese della città sono state raccolte 1087 firme – si può vedere più sotto il dettaglio della raccolta) Anche l’Azione Cattolica è scesa in campo per “far crescere – ha dichiarato il presidente nazionale Franco Miano – la sensibilità attorno al tema della difesa dell’embrione umano e innescare un’ampia riflessione intorno al riconoscimento dell’u-guale dignità dell’uomo, dal conce-pimento alla morte naturale, dignità che fonda i valori di libertà, giustizia e pace, che sono poi alla base del vivere insieme”.

    “Firmare vuol dire – ha sotto-lineato il Presidente – dare voce a chi non ce l’ha: è la più semplice delle risposte, perché si dà dignità a chi non può rivendicarla da solo”, e al tempo stesso è “una specie d’invocazione perché la società si occupi di tutte le sue dimensioni e componenti, anche per più deboli e invisibili, invece che solo di quelle forti e rumorose”.

    L’adesione è ancora aperta: si può firmare (una sola volta e in una sola forma) o su un modulo cartaceo, da chiedere e poi restituire al comitato promotore italiano (presso il Movimento per la vita, lungotevere Vallati, 2, Roma, tel. 06.68301121), oppure on line dal sito www.oneofus.eu.

  • Omelie Triduo Pasquale

    S. Messa In Cœna Domini

    OMELIA

    Giovedì santo

    Desio, 28 Marzo 2013

    don Giuseppe Corbari

     «Andate in città, da un tale, e ditegli:

    “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”» (Mt 26,18)

    Attorno a questa mensa, in questa chiesa, durante questa notte, dopo duemila anni di storia ancora una volta un sacerdote celebra lo tua stessa cena, con l’esito di salvezza: la tua presenza reale! Reale è il tuo Corpo, reale è il tuo Sangue, reale è la tua Anima lì contenuta, reale è la tua Divinità presente in quei doni, frutti della terra, della vite e del lavoro umano.

    Perché tu sia presente in questo momento, perché tu ci possa salvare con il tuo Corpo e il tuo Sangue hai scelto di servirti degli uomini, nulla fai senza il consenso umano. Questo mi sorprende! Persino la creazione della vita, il concepimento di un bambino, squisita liturgia dell’amore, non può avvenire senza il consenso umano.

    Allora ecco: da una parte il sacerdote che rende presente la tua vita, dall’altra gli sposi che rendono presente la vita nei bambini che tu concedi loro di “creare”.

    Tu Dio hai scelto di non fare nulla senza il placet umano. Permettimi che, di questo, rimanga sconcertato! Questo mi fa tremare i polsi.

    “Andate in città da un tale e ditegli…”

    Ecco che hai deciso di avere bisogno anche di quel “tale” affinché ti concedesse la sala del ricevimento per la Pasqua. Perché Gesù hai bisogno di noi? Perché hai scelto di avere bisogno di me prete?

    Io mi sento un po’ come quel “tale”, mi hai chiesto di concederti la mia stanza interiore: l’anima! Desidero donarti l’anima! Questa è la mia stanza, qui puoi trovare dimora…

    Mi hai chiesto quest’anima, questa vita, mi hai chiesto l’intelletto, il cuore, i sentimenti, l’affetto, il corpo, la fertilità, la vita intera perché tu hai deciso di fare la Pasqua da me, e, perché io possa come prete, offrire la Pasqua domenicale alla tua Chiesa! Come non commuovermi? Come non rimanere meravigliati? Hai proprio bisogno di me? A questo proposito come non ricordare lo stupore del Curato di campagna al cospetto della contessa pacificata: «O meraviglia, che si possa così donare ciò che per se stessi non si possiede, o dolce miracolo delle nostre mani vuote»1. Esattamente con gli stessi sentimenti del “curato di campagna”: meravigliato perché posso donare (per grazia) ciò che in realtà non possiedo. Questo è il miracolo! Nulla puoi attribuire alla mia umanità ma tutto è dono della tua grazia! Se l’Eucaristia dipendesse dalle qualità del prete, per conto mio saresti già spacciato! Avverto tutto lo “scarto” tra ciò che si compie sul palmo della mia mano quando tengo il pane e pronuncio la preghiera di consacrazione e il mio cuore, ancora troppo lontano dalla fede di chi dice “solo Dio basta!”.

    Questo scarto è anche la fonte della mia consolazione: nessuna cosa potrà mai separarci da te, neppure un cuore che balbetta poche parole di fede.

    Mi consola che Tu abbia scelto Pietro non perché fosse perfetto ma perché lui stesso riconobbe la necessità della tua salvezza, proprio nella sua carne! Pietro è il primo perché è il primo a riconosce la necessità di essere guarito.

    Hai deciso di aver bisogno di noi!

    Hai deciso di aver bisogno della stanza per la Pasqua, hai deciso di essere sottomesso all’assenso di quel tale, hai deciso di aver avuto bisogno dei nostri piedi da lavare per darci l’esempio! Tu Dio che lavi i miei piedi!!!

    Lavi i miei piedi di prete perché senta sempre la necessità di essere purificato dal tuo perdono, dalla tua misericordia. Lavi i piedi di ogni cristiano perché avverta la bellezza e la leggerezza della danza della fede, capace di muovere i passi sul ritmo della tua sequela.

    In tutto ciò vi confesso un forte coinvolgimento e anche l’imbarazzo che nasce dal contrasto tra ciò che dirò e farò in questa liturgia e ciò che la mia vita è capace di fare e mostrare nella quotidianità come prete. Vi chiedo di avere pietà ogni volta che noterete questo evidente contrasto!

    Ma lui, il Signore, ha deciso di aver bisogno anche di me!

    Proprio questa indegnità crea la condizione affinché il “miracolo delle nostre mani vuote” possa compiersi, perché emerga la sua grazia. La “sua” grazia… la SUA grazia!!!

    Tutti abbiamo piedi e mani e cuori sporchi! All’inizio di questo Triduo Pasquale, ognuno di noi si renda capace di nuovo del coraggio avuto da Gesù. Il coraggio dell’umiltà. E non era lui a doversi umiliare: tra quei Dodici nessuno si salvava… tutti di lì a poco lo avrebbero abbandonato, rinnegato, tradito.

    Ricordate quando Giacomo e Giovanni avevano chiesto al Signore di prendere i primi posti nella gloria? Ebbene, Gesù si toglie le vesti e prende un asciugamano. Giuda ha preso i denari e Gesù si cinge l’asciugamano attorno alla vita. Pietro dirà tre “no”, e Gesù versa l’acqua nel catino e comincia a lavare i piedi. Noi ci riempiamo la bocca di tante parole… Gesù non parla, agisce!!!

    Ecco, davanti alla nostra indegnità di partecipare alla sua mensa Gesù ci si fa vicino, perché ci ama, mi ama così come sono. Perché l’amore vero non guarda in faccia; non cerca sorrisi di approvazione, sguardi di compiacimento; non teme occhi pieni di rabbia o lacrime da dovere asciugare; l’amore vero si china ai piedi anche quando sei calunniato, disprezzato e deriso. E quando si lavano i piedi non puoi guardare in faccia la persona che hai davanti. I piedi, anche a differenza delle mani che possono aprirsi e chiudersi, non hanno espressione. Sì, puoi distinguere il piede di un adulto da quello di un bambino, il piede di un uomo o di una donna, il colore della pelle… ma alla fine tutti sono ugualmente bisognosi di essere lavati.

    Ne fa esperienza chi accudisce un malato!

    Anche Gesù aveva sperimentato cosa significasse avere i piedi lavati… da una peccatrice. Un giorno una donna nella casa di Simone il fariseo era corsa ai suoi piedi, li aveva bagnati con le lacrime, asciugati con i capelli… Una donna, immagine dell’umanità, che esprimeva così tutto l’amore per Gesù.

    Ora è Gesù a ricambiare il gesto, non per cercare il perdono, ma per darlo. Ha voluto lavare le impurità, non solo dei piedi degli apostoli, ma di tutta l’umanità … anche le nostre. Ma perché tutto questo? Un gesto così radicale e concreto? Per amore e solo per amore! Un amore sino alla fine! Ma in questo modo amare significa fallire, essere perdenti, essere incompresi! Sì, agli occhi del mondo… Ma agli occhi di Dio no… L’amore vero non è mai un fallimento!

    Se l’amore fosse un fallimento, la stessa Eucarestia, sacramento dell’amore, sarebbe un controsenso.

    Il problema è che noi non ci crediamo veramente, o almeno che non ci crediamo abbastanza! Perché se credessimo in questo Dio fatto così, subito la vita, noi stessi, le cose, gli avvenimenti, il dolore stesso, la nostra comunità, tutto si trasfigurerebbe davanti ai nostri occhi.

    Il mondo ha reso sempre più difficile credere in Dio, nell’amore. Pensate che sono arrivato a credere che persino le parrocchie, per certi versi, non aiutano a credere in Dio! Si mettono davanti le proprie idee, i bisogni, i disaccordi, antiche nostalgie… si è diventati schiavi delle strutture e così si trascura la “grazia” di Dio, che è anzitutto credere in lui, nel Dio di Gesù Cristo!

    Ma noi crediamo in Dio? Siamo capaci di pregare?

    Gli uomini hanno bisogno di sapere che Dio li ama e nessuno meglio dei discepoli di Cristo è in grado di recare loro questa buona notizia. O noi diventiamo suoi discepoli oppure Gesù non può essere fatto conoscere… Quando Gesù riprende posto a tavola lascia la consegna ai suoi apostoli, ancora stupiti: Vi ho dato un esempio, perché anche voi facciate come ho fatto io (Gv 13,15).

    Vi dono me stesso nell’Eucaristia, perché anche voi possiate diventare eucaristia per l’altro, anche voi siete chiamati a spezzarvi per il prossimo. Ho bisogno che voi siate eucaristia!!!

    «Andate in città, da un tale, e ditegli:

    “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”»

    Allora Signore Gesù ti accogliamo nel nostro cuore per esaudire il tuo desiderio di fare la Pasqua da noi! Ma non sarai solo poiché ci saranno anche i tuoi discepoli… chi sarà discepolo farà la Pasqua, quella autentica!

    Mi piace concludere con una famosa preghiera al Crocifisso2 di un anonimo fiammingo del XV secolo:

    Cristo non ha più mani,
    ha soltanto le nostre mani
    per fare le sue opere.

    Cristo non ha più piedi,
    ha soltanto i nostri piedi
    per andare oggi agli uomini.

    Cristo non ha più voce,
    ha soltanto la nostra voce
    per parlare oggi di sé.

    Cristo non ha più forze,
    ha soltanto le nostre forze
    per guidare gli uomini a sé.

    Cristo non ha più Vangeli
    che essi leggano ancora.

    Ma ciò che facciamo in parole e opere
    è l’evangelio che si sta scrivendo.

      (altro…)