Autore: don Alberto Barlassina

  • Prima settimana di quaresima

    Scoprire i segreti del cuore nel deserto

    All’inizio di questo tempo quaresimale tra le prime cose che scopriamo è la continuità che è garantita dalla scelta esemplare del Dio – con noi.

    Non c’è distanza tra il bambino della mangiatoia e il Crocifisso del Calvario.

    Il Cristiano crede in un Dio che serve.

    In questo percorso liturgico scandito dalle sei settimane il tema centrale è la conversione, conseguenza dell’incarnazione e del messaggio di Dio annunciato agli uomini; una conversione che comincia proprio con l’esperienza di Gesù tentato nel deserto.

    Le tentazioni di Gesù sono, diceva don Tonino Bello «l’invito a fare i conti con il male dell’uomo, che non è astratto, anzi!

    È un male psicologico, sociale, politico, concretissimo, che ci obbliga alla quotidiana vigilanza».

    In questo percorso quaresimale siamo condotti, dunque, a un profondo esame di coscienza su noi stessi e sul credente cristiano che vogliamo essere, scopriamo nella persona di Gesù la nostra fede. Il cammino quaresimale inizia dalla testa.

    Con l’imposizione delle ceneri sul capo, il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala, che inizia con il pentimento per poi giungere alla Risurrezione. Pentimento e Risurrezione, binari obbligatori su cui il credente cristiano deve viaggiare per farne ritorno a casa. Pentimento e Risurrezione una duplice verità per l’uomo che si scopre un convertito completo.

    Preghiamo

    Signore,
    che non sei venuto a condannare
    ma a perdonare,
    abbi pietà di me.

    Cristo,
    che fai festa per ogni peccatore pentito,
    abbi pietà di me.

    Signore,
    che perdoni molto a chi molto ama,
    abbi pietà di me.

    Impegno settimanale

    Il digiuno che io voglio: dividere il pane con l’affamato

  • Il Pensiero della settimana

    Il Pensiero della settimana

    Penultima dopo l’Epifania

    Le ultime due domeniche del tempo dopo l’Epifania sono caratterizzate con argomenti che da una parte sono una sintesi della “manifestazione” di Gesù, e dall’altra, preparano alla celebrazione della Quaresima.

    Le tre letture hanno come tema sia la consapevolezza del proprio peccato che la misericordia del Signore.

    Il brano di Vangelo, con la chiamata di Matteo, segue immediatamente il racconto della guarigione del paralitico calato dal tetto. Gesù chiama a far parte dei suoi discepoli un pubblicano e addirittura invita i peccatori al banchetto della salvezza.

    Levi è uno di quei personaggi che venivano considerati avidi di denaro, sfruttatori, rinnegati dal punto di vista religioso e politico, perchè a servizio dei Romani e, quindi, peccatori e rifiutati da Dio.

    Il banchetto che viene fatto “in casa sua” è simbolo di amicizia, di libertà,di gioia e richiama il banchetto messianico.

    Proviamo ad immaginare che il Papa, visitando una città metta come appuntamento più importante quello con persone odiose, uomini corrotti, o donne chiacchierate.

    Con il suo atteggiamento Gesù non solo rivela la sua missione, ma anche il volto di Dio che tralascia la sua ira verso i peccati per volgersi al perdono.
    Questi brani biblici aprono la Chiesa alla prospettiva del tempo quaresimale; tempo in cui la “divina clemenza”, invitando a conversione e perdonando, convoca tutti al festoso banchetto dell’Agnello pasquale.

    don Alberto

  • VI DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

    VI DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

    Il tema centrale della Liturgia di oggi è l’annuncio che la salvezza è per tutti gli uomini e non solo per il popolo eletto. Gesù nel Vangelo si dimostra
    attento a tutti, anche alle persone che gli altri emarginano, come i lebbrosi, ripugnanti e contagiosi, e non guarda se sono giudei o samaritani. Sono 10 i lebbrosi guariti, ma uno solo, un Samaritano, torna a ringraziare e, nota il
    Vangelo, non solo è guarito, ma anche salvato. É una pagina che dobbiamo
    sentire rivolta a noi, ci aiuta a riscoprire quanto c’é nel nostro cuore.
    Siamo tutti lebbrosi, (falsità, incoerenze, debolezze, peccati); anche noi, come i lebbrosi, spesso siamo emarginati ed emarginiamo gli altri ma
    tutti possiamo essere guariti è salvati.

    Ci sono tre condizioni: che riconosciamo di essere, peccatori; che con umiltà chiediamo al Signore di essere guariti; che, come il Samaritano, siamo riconoscenti del dono ricevuto affinché oltre ad essere guariti siamo salvati. Essere salvato vuol dire riconoscere l’amore gratuito di Dio che ci salva in Gesù e lasciarci conquistare da questo amore.

    Ma queste condizioni ci sono ricordate tutte le volte che celebriamo l’Eucarestia!

    All’inizio, siamo invitati a riconoscerci lebbrosi, peccatori. Nella Liturgia della Parola, il Signore ci aiuta a riscoprire, le nostre debolezze, ma soprattutto il suo amore che guarisce e perdona. Nella Liturgia Eucaristica, rendiamo grazie al Signore perché ci ama, rinnova la sua Pasqua, ci invita alla Cena, si dà in cibo per noi per cambiarci.

    don Alberto

  • V domenica dopo l’Epifania

    V domenica dopo l’Epifania

    L’episodio del Vangelo lo ricordiamo in ogni Messa prima della Comunione quando diciamo “o Signore non sono degno, ma di soltanto una parola e sarò salvato”. Il centurione è un pagano, fa parte dell’esercito romano che domina in Palestina, che non sempre è rispettoso dei sudditi, eppure è profondamente umano: è preoccupato dei suoi servi, aperto ai bisogni della comunità in cui vive, perché ha contribuito a costruire la Sinagoga. Ha una
    fede viva, concreta, di poche parole, umile ma senza riserve, tanto da meritare i complimenti di Gesù “in Israele non ho trovato nessuno con
    una fede così grande”.

    L’atteggiamento di Gesù ci ricorda che la salvezza è voluta da Dio per tutti gli uomini: si muove subito per andare nella casa di un pagano per guarire il servo. Gesù, dopo aver lodato la fede del centurione pagano, fa notare che purtroppo i figli del Regno, che non hanno creduto saranno cacciati fuori.
    L’atteggiamento di Gesù verso il centurione, pagano e romano, ci interroga se noi siamo capaci di scoprire il bene che c’è in una persona a prescindere da razza, religione, ceto sociale.

    La nostra fede è come quella del Centurione sincera, umile, concreta, viva?
    Quando diciamo, prima della Comunione, le parole del Centurione, diciamole con il cuore: “so o Signore che sono indegno di riceverti, ma sono
    certo che tu desideri venire nel mio cuore e tu puoi cambiarlo”.

    don Alberto

  • Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

    Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

    La famiglia è la cellula viva della Chiesa e della società civile, il luogo di trasmissione ed educazione alla fede.

    Oggi la famiglia non sta vivendo un momento facile perchè parecchie forze disgregatrici la minacciano: l’instabilità affettiva nella coppia, il difficile il rapporto genitori-figli, le preoccupazioni economiche e la difficoltà ad avere un lavoro sicuro. È un valore, quindi, da promuovere e da difendere in tutti i modi, con il contributo di ciascuno di noi.

    Perchè Dio ha voluto la famiglia come istituzione naturale per ogni bambino e anche per suo Figlio? A quali condizioni le nostre famiglie assomigliano a quella di Gesù?

    Dio ha voluto la famiglia perché la prima esperienza di un bambino fosse l’esperienza di un amore gratuito, totale, disinteressato, capace di perdonare.

    L’ha voluto perchè, come sempre, ha chiesto la collaborazione umana, anche nel compito più grande e più bello: trasmettere la vita.

    Quando la nostra famiglia assomiglia a quella di Nazareth?

    La vita familiare è più o meno cristiana a secondo se la vita di coppia, lo stile dei rapporti genitori-figli, l’atmosfera risentirà o meno di questo Amore.
    Preghiamo insieme oggi per le nostre famiglie, chiedendo l’intercessione della Santa Famiglia di Nazareth.

    Chiediamo di riscoprire la bellezza del Sacramento del Matrimonio, garanzia della presenza del Signore, perché l’amore tra i coniugi sia immagine vivente del suo amore per la Chiesa.

    don Alberto

  • Domenica III dopo l’Epifania

    Domenica III dopo l’Epifania

    Questa domenica ci fa vedere Gesù che “ha compassione per le folle”, che è il modo di esprimere l’amore senza limiti di Dio per l’umanità.
    Gesù si preoccupa della gente che da tre giorni lo segue e che ha esaurito il cibo. All’obiezione dei discepoli sull’impossibilità di sfamare questa moltitudine, Gesù chiede loro la disponibilità a raccogliere i pochi pani e pesciolini che ci sono e a distribuirli, moltiplicati, alle folle. Gli Apostoli, come i servi di Cana, si fidano di Gesù, che compie il miracolo.

    Ma perché Gesù non interviene anche oggi, a sfamare i miliardi di persone che soffrono la fame?

    Anche oggi Dio non ha abbandonato l’umanità e ha compassione di chi soffre, ma chiede tutta la nostra collaborazione. Siamo invitati come gli esploratori mandati da Mosè a scoprire la ricchezza dei doni della terra: le risorse sono sufficienti e abbondanti per tutta la popolazione del mondo.

    Ci chiede di sfruttare queste ricchezze e di condividerle, soprattutto con i più poveri.

    Anche Paolo, nella seconda lettura, ricorda alla comunità di Corinto, benestante e ricca, il dovere di aiutare la prima comunità, quella di Gerusalemme, esigua come numero e mal sopportata dai Giudei.

    Ma c’è uno stile che Gesù richiede a chi lo segue: il cristiano deve amare con “com-passione” che significa “patire con”, condividendo problemi e sofferenze. Gesù ci ama con “com-passione” facendosi Cibo per noi, chiedendoci di condividerlo con gli altri e con solidarietà verso chi soffre.

    don Alberto

  • Domenica II dopo l’Epifania

    Domenica II dopo l’Epifania

    La liturgia ci presenta il primo miracolo di Gesù, che Giovanni chiama “segno”, un gesto che rimanda a una realtà più profonda.

    Si tratta di un matrimonio salvato, nella sua gioia, da Gesù. Oltre al racconto in sè, c’è il significato biblico del vino che è segno di gioia. All’acqua delle fredde giare di una vita monotona, alla routine di un amore che non ha più nulla da dire Gesù porta la forza dell’amore che dà sorriso e gioia e tutto questo, come sempre, in modo imprevedibile e, per noi, esagerato.

    È un miracolo operato per la mediazione di Maria: Gesù pare resistere alla Mamma, ma nell’insistenza di Maria vede la volontà del Padre.

    Maria è presente nel presepe, qui, al primo miracolo e ai piedi della croce. Il suo compito è ricordarci che dobbiamo “fare quanto Egli ci dirà”, nella certezza che quanto ci chiede di fare si realizzerà. Il racconto si chiude con una frase che segna il sorgere della Chiesa: i discepoli che credono nel “segno” sono la prima comunità cristiana.

    Oggi è la Chiesa che deve essere “segno” della presenza di Gesù nel mondo: i miracoli di Gesù si devono ripetere oggi nella vita della Chiesa.
    Tutta la vita cristiana vissuta con coerenza, anche se con difficoltà e sbagli, è segno che il Signore è presente nella sua Chiesa.

    Chiediamo al Signore di aiutarci ad essere “segno” vivente del suo amore nel vivere in pienezza il Sacramento del Matrimonio, nel superare invidie e divisioni, nell’attenzione agli altri.

    don Alberto

  • Battesimo del Signore

    Battesimo del Signore

    Questa domenica continua l’Epifania del Signore con il Battesimo. È un’epifania perchè ci rivela chi è e che cosa è venuto a fare Gesù e ci riporta all’inizio della sua vita pubblica e della nostra vita cristiana, con il richiamo al Battesimo.

    Il Battesimo di Gesù al Giordano è una rivelazione: un fatto importante ricordato da tutti gli Evangelisti.

    Gesù non ha bisogno di questo gesto di penitenza perchè è l’Agnello di Dio, senza peccato. Con questo gesto vuol indicare la sua scelta di campo: si è messo in fila con i peccatori per dire che è venuto per loro. Gesù si è fatto uno di noi per salvarci: è venuto a togliere il peccato dal mondo.

    Tutti i vangeli fanno notare la differenza del battesimo di Giovanni Battista da quello di Gesù: quello di Giovanni è il gesto di una persona che si riconosce peccatore e domanda perdono; quello di Gesù è il dono dello Spirito che ricrea e che porta pace.

    È un dono che ci fa creature nuove, ci inserisce nella Chiesa, ci dà facoltà nuove: occhi nuovi (la fede), coraggio nuovo (la speranza), cuore nuovo (la carità).

    È un dono da riscoprire e allora chiediamoci: conosciamo la data del nostro Battesimo? Abbiamo ringraziato i nostri genitori che l’hanno chiesto per noi? Siamo riconoscenti al Signore per il dono dello Spirito? L’impegno di carità è conseguenza necessaria del dono di amore che è lo Spirito Santo, ricevuto nel Battesimo. Rendiamo grazie a Dio del dono ricevuto e chiediamogli di viverlo in pienezza.

    don Alberto

  • Domenica dopo l’ottava del Natale

    Siamo nel periodo natalizio e le Letture di questa domenica
    ci ricordano il senso del Natale, lo scopo della venuta di Dio tra noi e ci richiamano sul modo di vivere questo mistero. Gesù si trova a Nazareth,
    il paese in cui è vissuto fino a 30 anni. Come ogni Sabato, si reca alla Sinagoga e, come ospite d’onore, legge il brano di Isaia che parla del Messia e al termine, nella meraviglia di tutti, dichiara “Oggi si è
    compiuta questa Scrittura”: sono io il Messia promesso ed atteso.

    Gesù cita Isaia, tralasciando gli ultimi versetti in cui il Profeta
    parla del “giorno di vendetta per il nostro Dio”.

    Non è una dimenticanza, ma una scelta: l’annuncio di Gesù
    è una bella notizia, dell’amore misericordioso e gratuito del
    Padre.

    Gesù non ucciderà i peccatori, ma il ricercherà, e manifesterà
    questo suo amore soprattutto sulla Croce sulla quale perdonerà anche chi lo uccide.

    C’è da chiedersi se anche noi abbiamo la nostalgia di un Dio che, con forza e giustizia, faccia pulizia del male che c’è nel mondo. Facciamo fatica ad accettare la pazienza e la misericordia del Signore e ci
    pare impossibile che Dio possa sempre perdonarci senza arrabbiarsi.

    Lasciamoci prendere dallo Spirito di Gesù: riscopriremo il vero volto di Dio, capiremo la sua misericordia con chi sbaglia: allora sarà il vero Natale dentro di noi.

    E lo comunichiamo agli altri: l’Epifania, che celebreremo giovedi, ci ricorda che questo annuncio deve raggiungere tutti i popoli.

    Preghiamo, perchè ciascuno di noi abbia un cuore aperto sul mondo.

    don Alberto

  • Maternità della Vergine Maria

    Questa domenica celebriamo il Natale in Maria, ricordando
    la sua Maternità Divina. La liturgia medita il mistero dell’Incarnazione: il Figlio di Dio, al sì di Maria, prende carne, diventa uno di noi. È il
    fondamento di tutti gli altri misteri che riguardano Gesù.

    È un fatto storico, ben preciso, non una favola: viene presentato il luogo, il nome della ragazza, la sua situazione familiare, viene chiarito a Maria che cosa accadrà per opera di Dio. Lo Spirito Santo rende Maria, Madre di Dio.

    È un mistero perché supera le nostre capacità: il Signore ce l’ha rivelato e non riusciremo mai a capirlo pienamente. Maria stessa chiede spiegazioni “Come avverrà questo?”

    È un mistero, possibile solo perché Dio l’ha voluto e perché Dio ha mantenuto le sue promesse: un fatto che conclude millenni di preparazione e apre a un mondo nuovo.

    È un mistero di gioia perché il Signore fa sua la nostra esperienza umana, dandole un senso e un valore nuovo in tutto, anche al dolore.

    Anche questo mistero è un dono che va accolto. Il Signore agisce nella storia da Padre e per realizzare questo mistero chiede il “sì” di una ragazza di
    Nazareth.

    Dio mantiene sempre questo stile, anche nell’Incarnazione che continua: per nascere dentro di noi chiede il “sì” della nostra libertà per essere testimoni del suo amore. Questo fatto ci deve riempire di gioia: Dio ha stima di noi, si fida, ma anche ci fa capire la grande responsabilità nel nostro dare la risposta.

    Chiediamo al Signore che ciascuno di noi possa dire, come Maria, il nostro Sì.

    don Alberto