Autore: don Alberto Barlassina

  • Domenica della Santissima Trinità

    Domenica della Santissima Trinità

    Oggi celebriamo il mistero che richiamiamo continuamente: quando facciamo il segno della croce, lo facciamo nel nome della Trinità; la santa Messa è tutta una preghiera al Padre, per Cristo, animati e sostenuti dallo Spirito Santo. Tutti i Sacramenti sono amministrati nel nome della Trinità: sono incontri con Gesù risorto reso presente dallo Spirito Santo che rinnova il nostro essere figli di Dio Padre…

    Tuttavia la Trinità sembra quasi un teorema irrisolvibile, più che una bella notizia che interessa la nostra vita. Definire la Trinità un mistero, istintivamente ci toglie, forse, la volontà di approfondimento, dimenticando che un mistero non è una verità contro la ragione, ma sopra la ragione, perché ha una luce abbagliante troppo forte per la nostra mente. Il mistero dell’unico Dio in tre Persone appare non tanto un’affermazione teorica, ma è visibile nell’azione concreta, nel disegno di salvezza di Dio che rimane fedele al suo piano lungo tutta la storia umana. Forse, il motivo più profondo della disaffezione a questo mistero sta nel fatto che non ci facciamo la domanda: interessa a me questo mistero?

    Per capirne l’importanza, dovremmo riandare al primo capitolo della Genesi, dove viene detto che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio: se Dio è comunità di amore, se è tre Persone che si conoscono, si parlano, si donano totalmente l’una l’altra, l’uomo sarà riflesso di Dio quando conosce, parla, si dona; in una parola, quando ama e fa comunità con gli altri: la comunità non è un hobby per il cristiano, è un’esigenza, è il rivelare la sua natura. Proviamo questa settimana a ricordarci spesso di questo mistero e chiediamo a Dio di essere sua immagine e somiglianza nell’amore concreto e fattivo per i fratelli; lasciamoci guidare e trasformare dallo Spirito Santo, così che la nostra comunità sia immagine viva della Trinità.

  • Domenica di Pentecoste

    Domenica di Pentecoste

    L’anno liturgico è come un lungo cammino in cui riviviamo il mistero della salvezza. Nella Pentecoste è lo Spirito che rende presente Gesù in noi, facendoci figli adottivi del Padre celeste e che rende presente oggi Gesù risorto nella Chiesa.

    Se non ci fosse lo Spirito Santo, la Chiesa sarebbe un organismo destinato a perire: se dopo 2000 anni la Chiesa è viva, è perché lo Spirito è in essa. Il libro degli Atti degli Apostoli fa notare come la prima comunità cristiana invocava lo Spirito Santo prima di ogni decisione importante. Abbiamo bisogno tutti e sempre di questa luce: un dono da chiedere continuamente è quello del discernimento, della luce dello Spirito per la nostra vita personale e per le grandi scelte che la nostra società è chiamata a compiere.

    Un secondo dono da chiedere è la forza, rappresentata dal vento gagliardo: non basta sapere, capire, ma bisogna attuare il disegno di Dio. Gli Apostoli hanno dovuto affrontare un mondo a loro ostile o indifferente: erano una piccola minoranza chiamata ad essere sale e lievito del mondo. Anche oggi i cristiani vivono un momento storico delicato, sia perché si avviano ad essere minoranza, sia per la presenza sempre più massiccia di altre religioni o di forme di pensiero che sempre tendono ad annullare la vera fede, predicando un vago senso religioso. Ma proprio la Pentecoste ci ricorda che la forza del cristianesimo non sta nel numero, ma nella presenza dello Spirito Santo e nel lasciarsi trasformare da lui.
    Il terzo dono da chiedere è sicuramente quello dell’unità, richiamato dal dono delle lingue concesso agli Apostoli. Nel brano degli Atti vengono ricordati ben 16 paesi diversi per razza e cultura che capiscono l’annuncio degli Apostoli.
    Chiediamo al Padre di donarci lo Spirito Santo che ci renda come Gesù ci vuole, mediante il dono della sua luce, forza e pace.

  • Ascensione del Signore

    Ascensione del Signore

    Oggi celebriamo la festa dell’Ascensione: Gesù che sale glorioso al cielo è riconosciuto il Signore del cielo e della terra. Leggendo i brani della Scrittura che raccontano l’avvenimento, pare che ci siano contraddizioni.

    Di solito, quanto parte una persona cara e sappiamo che non la vedremo più, c’è malinconia, tristezza e qui invece si sottolineano la serenità e la gioia. Una gioia ben motivata! L’Ascensione non è la partenza di Gesù, ma la sua glorificazione, la proclamazione che Gesù, uomo-Dio, è uguale in dignità e potenza a Dio Padre. Con la sua risurrezione, Gesù è vicino, uguale al Padre e come il Padre è eterno, onnipotente, onnisciente. È onnipresente, non solo come Dio, ma anche come uomo.

    Grazie all’Ascensione, Gesù di Nazareth è qui come in ogni parte del mondo, ci parla, si rende presente nella Eucarestia. È, questo, un giorno di gioia, di riconoscenza perché ci ha voluto bene, rimanendo con noi. Anche se non lo vediamo, continua ad essere nostro compagno di viaggio.

    Salendo in cielo ha portato con sé la nostra umanità, è andato avanti a prepararci un posto. L’Ascensione è la giornata più bella in cui pensare ai nostri cari che ci hanno lasciato, perché li incontreremo di nuovo, con il Signore.

    Certo, dobbiamo pensare al Paradiso, alla meta che ci aspetta, ma ciò non ci disimpegna in questo mondo. Tutte le volte che incontriamo il Signore, anche nella santa Messa, dobbiamo sentire questo richiamo: ascoltarlo, sentirlo vicino a noi, riceverlo per comunicarlo agli altri. Se l’incontro con Gesù si riducesse a pochi minuti passati in chiesa, sarebbe sterile.
    Dobbiamo andare nel mondo a comunicare la gioia di “Dio con noi”, lasciandoci cambiare la vita dallo Spirito Santo.
    Chiediamo insieme al Signore, che non ci ha lasciati soli, di essere suoi testimoni nella gioia e nell’amore aperto a tutti.

  • Domenica VIª di Pasqua

    Domenica VIª di Pasqua

    Qualche volta ci è capitato di non capire la Parola del Signore, di far fatica a scoprirne il senso e la portata. Gesù ci invita a non scoraggiarci, a lasciarci illuminare dallo Spirito di verità che ci guiderà a tutta la verità.

    Ci stiamo incamminando verso la Pentecoste che conclude i 50 giorni di festa della Pasqua ed è bello che abbiamo sempre presente lo Spirito Santo che Gesù risorto ci donò dalla croce e la sera di Pasqua. Lo Spirito che cambiò radicalmente Paolo sulla via di Damasco e rende presente Gesù anche oggi, in particolare in due doni, il sacerdozio e l’Eucarestia.

    La seconda Lettura ci ricorda che Gesù è “il sacerdote eterno che può salvare quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio”. I sacerdoti, scelti da lui, sono strumento per realizzare tutto questo. La sua presenza come sacerdote e vittima raggiunge il culmine nell’Eucarestia in cui Gesù rivive la sua Pasqua.

    Dovremmo chiederci se è così per noi, se sappiamo vedere nei sacerdoti uno strumento nelle mani del Signore per continuare la sua opera di annuncio della parola, di perdono dei peccati, per fare memoria della sua Pasqua, nello spezzare il pane.

    Dovremmo domandarci se il nostro celebrare l’Eucarestia è un incontro con Gesù risorto che può cambiare la vita, come per Paolo. Chiediamo a Gesù – che si presenta di nuovo a noi sotto le specie del pane e del vino, proprio in forza dello Spirito Santo che il sacerdote invoca prima di ripetere i gesti e le parole di Gesù nell’Ultima Cena – di essere anche noi da una parte testimoni come Stefano (anche quando può comportare il martirio, cioè la fatica a vivere il Vangelo) e dall’altra missionari come Paolo, che ha visto nell’annuncio del Vangelo il senso della sua vita. Preghiamo perché abbiamo il desiderio di incontrare Gesù risorto, ogni domenica che è la Pasqua settimanale.

  • Domenica Vª di Pasqua

    Domenica Vª di Pasqua

    Il brano del Vangelo è preso ancora dal Testamento spirituale di Gesù. Ha come tema l’amore, lo stesso argomento dell’Inno della Carità della Lettera ai Corinzi.

    Nel Vangelo si parla di un comandamento nuovo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.

    Gesù, prima di raccomandare di amare i lontani, invita i suoi discepoli ad amarsi a vicenda, come già fece nell’Ultima Cena, dopo la lavanda dei piedi. I primi cristiani hanno recepito la volontà di Gesù e gli Atti degli Apostoli riportano questo clima fraterno che dava grande forza alla predicazione degli Apostoli.

    Nella seconda lettura, Paolo ricorda che la capacità di amare è un carisma, cioè un dono da chiedere al Signore e da accogliere.

    L’Inno alla Carità non è una serie di precetti, ma racconta l’amore di Dio che si è rivelato in Gesù e che ci viene donato mediante lo Spirito Santo.

    Siamo convinti che la Carità è un dono da chiedere ed accogliere prima ancora di farla? Quante volte l’abbiamo chiesta al Signore, in particolare invocando lo Spirito Santo e celebrando l’Eucarestia?

    Proviamo, poi, a meditare sulle caratteristiche di questo dono e ad esaminare se il nostro modo di amare è riflesso o scandalo di quell’amore.

    Infine, proviamo a guardare la nostra Parrocchia, il nostro modo di vivere i rapporti tra noi: assomigliamo alla prima comunità in cui “i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola“ o a quella di Corinto, con divisioni, contrasti, sensi di appartenenza che rompono la comunione

    Qualunque sia la risposta a questi interrogativi, non dobbiamo scoraggiarci: il Signore risorto è sempre con noi, si dona totalmente a noi e ci rende capaci “di amarci come lui ci ha amato“. Sia così per noi e per la nostra comunità.

  • Domenica IVª di Pasqua

    Domenica IVª di Pasqua

    Il Vangelo di oggi fa parte del testamento spirituale di Gesù, il lungo discorso durante l’Ultima Cena in cui Gesù rivela ai suoi amici le cose che più gli stanno a cuore: è la sintesi e il vertice del Vangelo perché ci parla dell’amore.

    Ci ricorda che l’amore è un dono di Dio verso di noi. Amare è, per un cristiano, condividere questo amore, è manifestare la vita nuova in noi che è partecipazione della natura intima di Dio che è amore, rivelatasi in Gesù.

    Gesù rivela il suo amore con il dono della vita: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita ai propri amici”. È un amore con un suo stile, un amore che si fa piccolo, umile, sempre rispettoso della libertà degli altri, pronto al perdono.

    Proviamo a chiederci, innanzitutto, se siamo convinti che l’amore è un dono da chiedere al Signore, un Signore e Maestro che lava i piedi ai suoi apostoli e se abbiamo scoperto che il segreto di tutto questo sta nel rimanere nel suo amore, cioè in una vita spirituale profonda, in particolare nella celebrazione eucaristica in cui riviviamo il suo donarci la vita.

    Interroghiamoci se il nostro amore assomiglia a quello di Gesù: é senza limiti o al contagocce? È per tutti o qualcuno è escluso? È umile servizio o un sentirci superiori o bravi?

    Oggi è la giornata mondiale per le vocazioni: ciascuno di noi porta in sé un progetto di Dio, un modo particolare in cui vivere e manifestare l’amore ricevuto, cioè una vocazione: nel dono di sé nel matrimonio e nella famiglia, nella consacrazione al Signore, nel servizio umile e discreto verso gli ultimi, nell’offerta della propria sofferenza e preghiera al Signore.

    Chiediamo al Signore di donarci il suo Spirito d’amore e di lasciarci prendere da questo amore, così da essere testimoni credibili del suo Vangelo, nel mondo.

  • Domenica IIIª di Pasqua

    Domenica IIIª di Pasqua

    Il brano di Vangelo precede l’accesa discussione tra Gesù e gli scribi e farisei, in cui Gesù li accusa di essere bugiardi e schiavi ed essi reagiscono definendolo samaritano ed indemoniato.
    Gesù proclama “Io sono la luce“, cioè colui che può dare senso alla vita, alla storia. Gli avversari chiedono qualche prova e Gesù rivela che è il Padre (che egli è venuto a rivelare al mondo) che accerta quanto lui dice. Ma i farisei, con ironia, chiedono “dov’è tuo Padre?”.

    Gesù svela il volto di Dio, ma essi non l’accettano perché ciò non rientra nei loro schemi. C’è chiusura totale.

    Questi testi ci insegnano che non dobbiamo meravigliarci che la Chiesa faccia fatica ad annunciare il Vangelo e che tanti non la accettino, anzi la ostacolino.

    Dobbiamo chiederci il motivo di questo rifiuto: se è dovuto al fatto che la Chiesa difende il valore della persona al di là di tutte le etichette sociali o di razza; o perché proclama la sacralità della vita dall’inizio alla fine; o perché difende l’istituto naturale della famiglia; o perché ha un’attenzione particolare ai poveri, richiamando verso loro l’attenzione delle istituzioni; o perché ricorda a chi governa l’economia il diritto primario di ogni uomo ad un lavoro onesto e retribuito.
    La Chiesa non deve meravigliarsi o scoraggiarsi se è rifiutata. Ci sono ancora oggi martiri che spendono la vita in difesa del Vangelo.

    Se, invece, il rifiuto della Chiesa dipende dal fatto che chi si dice cristiano non vive secondo il Vangelo, anzi è di scandalo, allora gli uomini di Chiesa con umiltà riconoscano gli errori, riparino i danni compiuti e si convertano al Vangelo.
    Lo Spirito Santo ci aiuti in questo lavoro di discernimento e di conversione, cosicché la Chiesa possa continuare ad essere segno vivente di Gesù risorto nel mondo.

  • Domenica dell’ottava di Pasqua – In Albis

    Domenica dell’ottava di Pasqua – In Albis

    Oggi Giovanni ci ricorda lo scopo dei Vangeli: “quanto è scritto è perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché credendo abbiate la vita nel suo nome”.

    Nel brano si vede il sorgere del giorno del Signore che è il primo dopo il sabato. Anche se la prima comunità celebrava con gli ebrei il riposo del sabato, nella coscienza dei discepoli di Gesù diventa sempre più importante il giorno della Resurrezione, la domenica, il giorno in cui è iniziata la creazione e la nuova umanità nella persona di Gesù risorto.

    Come i primi discepoli, insieme di domenica ci incontriamo con Gesù risorto, ascoltiamo la sua Parola, ci nutriamo di Lui per avere la forza di testimoniarlo. Per noi la domenica è la Pasqua settimanale. La Santa Messa è il centro della giornata, che deve essere di gioia e di fraternità. Gli Apostoli senza Gesù hanno paura (le porte del cenacolo sono chiuse), ma riconosciuto Gesù, diventano sereni e contenti. Non ci
    dobbiamo scoraggiare: il Signore è risorto, è con noi, ci sostiene.

    Gesù continua la sua opera di salvezza attraverso gli uomini e dà il potere di rimettere i peccati, dona il suo Spirito agli apostoli perché possano continuare a dare il suo perdono. È bello ricordare il dono della Riconciliazione oggi, la domenica della Divina Misericordia, sia l’occasione per riscoprirne il valore. Siamo portati a pensare che la confessione sia un peso o una tassa, o forse non troviamo i peccati: ci sembra tutto normale, facilmente ci autogiustifichiamo.

    Se fossimo ascoltatori della Parola, ci accorgeremmo della nostra miseria e del nostro peccato.

    Gesù sapeva che questo non era facile e proclama a Tommaso: “Beati quelli che, senza aver visto, crederanno“. Tra questi ci siamo anche noi. Chiediamo al Signore di accrescerela nostra fede e che la nostra vita sia testimonianza concreta del Vangelo.

  • Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore

    Domenica di Pasqua – Risurrezione del Signore

    La Pasqua è il giorno che ha fatto il Signore, è la festa per eccellenza che dà origine a tutte le feste. E’ così importante che i cristiani hanno sentito il bisogno di celebrarla ogni otto giorni, nella domenica. È giorno di luce e di gioia: mentre celebra il trionfo di Cristo, ci aiuta a riscoprire chi siamo noi.

    Il cristiano è uno che crede e vive la Pasqua, testimoniandola ogni giorno, e crede nell’avvenimento che gli è stato trasmesso dalla Chiesa: Cristo è morto e risorto. All’inizio della seconda Lettura, Paolo ci riporta il cherigma, il nucleo della fede cristiana: è il mistero centrale della nostra fede; è ciò che ci distingue da ogni altra religione; è il fondamento della nostra preghiera, della liturgia, dei sacramenti che sono incontro con Cristo risorto nella Chiesa; è il senso della morale cristiana che è lasciarsi guidare dallo Spirito di Cristo risorto.

    Il cristiano testimonia la sua fede nella Pasqua quando vive come Gesù, quando sa dire il suo sì alla volontà del Padre e crede nel suo amore anche nei momenti più duri e più difficili; quando vede l’autorità come un servizio e non ha vergogna di mettersi il grembiule e lavare i piedi agli ultimi; quando è libero davanti a tutto e a tutti, se è in gioco il Regno di Dio, cioè la giustizia, la dignità della persona, la sacralità della vita; quando sa perdonare chi lo emargina, chi lo rinnega, chi lo tradisce e lo mette in croce.

    Il cristiano è un ottimista ad oltranza in un mondo sempre più sfiduciato; vince la guerra con l’amore e il perdono, perché non si sente mai solo!

    Certo non è facile: lo scoraggiamento, la paura di aver perso Gesù (come Maria di Magdala), la delusione (come i discepoli di Emmaus) sono sempre alle porte. Abbiamo bisogno che Gesù ci chiami per nome, giorno per giorno, che ci spieghi la nostra vita e che spezzi il pane che dà forza.

  • Domenica delle Palme

    Domenica delle Palme

    Questa domenica La liturgia ci preannuncia i grandi misteri della nostra fede che celebreremo la settimana entrante: insieme al trionfo a Gerusalemme, uno dei pochi momenti di gloria di Gesù, si parla di tradimento, di passione e di sepoltura. Ci viene presentato il Servo di Dio che prende sopra di sé le nostre iniquità per donarci la sua giustizia.

    La prima cosa da fare è rinnovare il proposito di vivere pienamente questa settimana, la più importante nella storia della Chiesa, tanto da definirla settimana Autentica, Santa. Il pericolo di sempre è che ci entriamo con indifferenza e abitudine, preoccupati più del contorno della festa che non dei misteri che siamo invitati a rivivere. Per vivere la settimana in modo che sia Santa, bisogna partire dalla Liturgia, che è ascolto, catechesi, culto, memoria viva dei misteri che si celebrano. Dobbiamo prepararla con momenti di silenzio, di preghiera personale, trovando il tempo per riascoltare dentro di noi la Parola di Dio, lasciando che cambi il nostro cuore.

    Ed è necessario passare dal sacramento della Riconciliazione.

    Bisogna evitare l’ipocrisia e il formalismo. Non si può portare il ramoscello d’ulivo, segno della pace, e non avere il desiderio della pace nel nostro cuore. Non si può celebrare la lavanda dei piedi e non vivere lo stile di servizio umile, di cui Gesù ci da esempio col suo gesto e che è il clima in cui si deve celebrare l’Ultima Cena, l’Eucarestia. Non si può baciare il Crocifisso, il Venerdì Santo, senza sentirsi corresponsabili di quella morte e riconoscenti per l’amore che ci ha rivelato. Non si può celebrare la risurrezione di Gesù nella Veglia e nella domenica di Pasqua e non desiderare di essere rinnovati interiormente.
    Chiediamo insieme al Signore di vivere bene questa settimana, tenendo fisso lo sguardo su Gesù.