Autore: basilica

  • Il pentimento: volgersi a Dio con speranza

    Quando ci comportiamo male e diciamo ciò che non va detto, quando pensieri oscuri mina­no la nostra mente o un velo nero si stende sul nostro cuore, se arriviamo a fare appena appena un po’ di luce in noi, allora sentiamo i ri­morsi di coscienza.

    Ma il rimorso non è ancora pentimento; noi possiamo passare tutta la vita a rimproverarci la nostra cattiva condotta in azio­ni o in parole, e non per questo emendarci. Il rimorso può fare della nostra vita un vero e proprio inferno, ma non ci fa accedere al regno dei cieli; bisogna aggiungervi un altro elemento, che si trova al cuore del pentimento, e cioè il fatto di volgerci a Dio con la speranza, con la cer­tezza che Dio ha amore sufficiente per accordar­ci il perdono, e forza sufficiente per cambiarci.

    Il pentimento è quella svolta nel modo di pensare, quella trasformazio­ne del cuore, che ci fa stare faccia a faccia con Dio pieni di una speranza tremante, nella certezza di chi è cosciente di non meritare la misericordia di Dio, e tuttavia sa che il Signo­re è venuto sulla terra non per giudicare ma per salvare, che è venuto sulla terra non per i giusti ma per i peccatori.

    Volgersi a Dio con speranza, chiamarlo in no­stro aiuto, non è sufficiente, perché molte co­se nella nostra vita dipendono da noi. Quando si presenta l’occasione di compiere azio­ni conformi alla nostra preghiera noi seguiamo le inclinazioni del nostro cuore, così che ci man­cano il coraggio e la risolutezza per mettere in atto quello che abbiamo chiesto a Dio. Così il nostro pentimento e lo slancio del­la nostra anima restano sterili.
    Il pentimento de­ve essere determinato appunto da questa speran­za nell’amore di Dio, e da uno sforzo risoluto che ci costringa a condurre una vita retta e ad abbandonare gli errori del passato. Il pentimento ha inizio quando all’im­provviso la nostra anima riceve uno shock, la nostra coscienza ci parla, Dio c’interpella con queste parole: “Dove vai? È proprio questo che vuoi?”.
    E quando rispondia­mo: “No, Signore, perdona, abbi pietà, salva!”, e ci volgiamo a lui, Cristo ci dice: “Io ti perdono e tu, come riconoscimento per tale amore, e pro­prio perché rispondendo al mio amore hai la ca­pacità di amare, comincia a cambiare vita”.

    A. Bloom

  • IL CENACOLO

    IL CENACOLO

    Il Cenacolo di Leonardo da Vinci è uno dei vertici della pittura di tutti i tempi: da ormai 500 anni questo capolavoro affascina chiunque si avvicini per ammirarlo.

    La sua storia. Leonardo aveva circa 40 anni quando lo dipinse nel refettorio della Chiesa di S. Maria delle Grazie a Milano su incarico di Ludovico Sforza detto il Moro, che da qualche anno lo aveva accolto e gli aveva dato fiducia e libertà di agire nei più diversi campi e interessi. Dopo 4 anni di intenso lavoro, nel 1498 l’artista termina il dipinto, fra la generale ammirazione. Dopo pochi anni, però, la tecnica utilizzata dal maestro – che gli consentiva molti ripensamenti in corso d’opera – si rivela fragile e inizia a deteriorarsi.

    Ma qual è il segreto di questo dipinto soggetto abbastanza comune agli artisti di ogni tempo?
    Il genio toscano sceglie di rappresentare il momento in cui Gesù, nel corso della cena pasquale, annuncia che sarà tradito da uno dei suoi apostoli e in particolare nell’istante che segue quella dichiarazione, in cui si scatenano le reazioni dei dodici. Un’interpretazione del genere, con una simile sensibilità e intensità nessun artista l’aveva mai concepita: al pittore, sono le sue parole, interessa raffigurare “i moti dell’animo”, le espressioni, i sentimenti, visti nella loro naturalezza, una rivoluzione per l’epoca. Possiamo vedere allora le figure dei discepoli che paiono ritrarsi ed è come si muovessero con le diverse posizioni delle mani, del busto, dello sguardo. Come se un’onda in partenza dal centro della tavola, dove c’è Gesù, si propaghi ai due estremi della stessa e poi, come in un riflusso, ritornasse al centro: si percepisce allora lo stupore e l’incredulità nel volto di Pietro e degli altri a causa dell’inaspettata notizia .
    Gesù al centro. In questo vortice solo Gesù è solo e siede al centro della scena, il capo un po’ inclinato: il suo sguardo non va sui volti degli apostoli, ma è rivolto verso la tavola e fissa il pane e il vino che stanno per essere donati. Il suo turbamento è ben espresso da uno sguardo pensoso, preveggente dell’imminente destino di tradimento e di morte. Destino a cui tuttavia il Cristo non si rassegna, ma si consegna con consapevolezza, con l’abbraccio: persino per il traditore si aprono le braccia. Proviamo allora anche noi a entrare idealmente in questa sala in cui si possono rivivere, con un pizzico di emozione, quegli istanti. Noteremo un ultimo dettaglio: da qualsiasi punto la si guardi ci si sente direttamente coinvolti, partecipi nel profondo. Un miracolo di prospettiva creata dall’inclinazione della tavola: tutto parte da Cristo e tutto torna a lui, i nostri sguardi calamitati dal suo volto. Spinti ad andare oltre, verso la finestra e il paesaggio alle spalle che collega la terra al cielo.
    Vito Bellofatto

  • Notiziari parrocchiali Settimana Autentica

    Per la Settimana Autentica, 28 marzo – 4 Aprile

    San Giorgio

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    San Giovanni Battista

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    Santi Pietro e Paolo

    La Fonte

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    San Pio X

    Basilica SS. Siro e Materno

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  • Liberazione

    Liberazione

    Liberazione è una parola che richiama tanti aspetti: c’è la Liberazione dalla dittatura, quella del 25 aprile con la L maiuscola; c’è la liberazione dalla prigionia, dalla schiavitù, da situazioni di forte condizionamento, da persone invadenti; oppure dalla paura e da oscuri sentimenti, dal timore di essere messi da parte o di scoprirsi malati ecc.; liberazione da un peso interiore o esteriore la cui rimozione causa un senso di novità, di leggerezza.
    Nei vangeli Gesù libera molti dalle malattie e questa liberazione quasi sempre rimette i guariti nel circolo della vita sociale, ridando dignità personale in ambiti quali la famiglia, il lavoro, le amicizie.

    Gesù accompagna spesso le guarigioni dicendo: «i tuoi peccati sono perdonati» e «la tua fede ti ha salvato». Già allora i presenti storcevano il naso per questa deviazione dello sguardo dalla condizione di bisogno dei malati al rinfacciare il peccato e assegnare un perdono non richiesto. Oppure ad attribuire loro una fede a prima vista piuttosto interessata e limitata.

    Il messaggio di Gesù era, ed è, diretto proprio ai presenti, e quindi ai lettori e a noi: la fede si accompagna a una richiesta di liberazione, non certo a una pretesa di perfezione. Chiedere di essere liberati, soprattutto dal peccato, è l’atto di maggiore realismo e di più autentica umanità che si possa fare, evitando di cercare capri espiatori dei mali del mondo. Per questo la Chiesa, fedele a Gesù, ne ha fatto un sacramento, capace di attirare la sconfinata benevolenza di Dio.

    don Gianni

  • MISSIONARI UCCISI NELL’ANNO 2020

    MISSIONARI UCCISI NELL’ANNO 2020

    Nell’anno 2020, secondo le informazioni raccolte dall’Agenzia Fides, sono stati uccisi nel mondo 20 missionari: 8 sacerdoti, 1 religioso, 3 religiose, 2 seminaristi, 6 laici. Negli ultimi 20 anni, dal 2000 al 2020, sono stati uccisi nel mondo 535 operatori pastorali, di cui 5 Vescovi.

    GLI OPERATORI PASTORALI UCCISI DAL 1980 AL 2019

    Secondo i dati in possesso dell’Agenzia Fides, nel decennio 1980-1989 hanno perso la vita in modo violento 115 missionari. Tale cifra però è senza dubbio in difetto poiché si riferisce solo ai casi accertati e di cui si è avuta notizia. Il quadro riassuntivo degli anni 1990-2000 presenta un totale di 604 missionari uccisi, sempre secondo le nostre informazioni. Il numero risulta sensibilmente più elevato rispetto al decennio precedente, tuttavia devono essere anche considerati i seguenti fattori: il genocidio del Rwanda (1994) che ha provocato almeno 248 vittime tra il personale ecclesiastico; la maggiore velocità dei mass media nel diffondere le notizie anche dai luoghi più sperduti; il conteggio che non riguarda più solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tutto il personale ecclesiastico ucciso in modo violento o che ha sacrificato la vita consapevole del rischio che correva, pur di non abbandonare le persone che gli erano affidate. Negli anni 2001-2019 il totale degli operatori pastorali uccisi è di 485.

    In questo periodo, flagellato dalla pandemia di Coronavirus, non possiamo dimenticare che “tra le membra sanguinanti del corpo di Cristo” vanno annoverati centinaia di sacerdoti e di religiose, cappellani ospedalieri, operatori pastorali del mondo sanitario, come anche Vescovi, che sono venuti a mancare durante il loro servizio, prodigandosi per aiutare coloro che erano colpiti da questa malattia nei luoghi di cura o per non ridurre il loro ministero. I sacerdoti sono la seconda categoria, dopo i medici, che più ha pagato in Europa il suo tributo al Covid. Secondo un rapporto parziale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, da fine febbraio a fine settembre 2020 sono morti nel continente a causa del Covid almeno 400 sacerdoti. Tra questi non sono pochi i missionari e le missionarie che dopo aver consumato lunghi anni in terra di missione annunciando il Vangelo di Gesù Cristo, sono morti colpiti dal virus, che ha avuto il sopravvento sul loro fisico, logorato da una vita trascorsa per gran parte tra le privazioni e le difficoltà delle missioni.

  • Vite intrecciate

    Vite intrecciate

    Per celebrare la ventinovesima Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri abbiamo scelto lo slogan 
    Vite intrecciate.
    Il missionario martire è tessitore di fraternità: la sua vita si intreccia con quella dei popoli e delle culture che serve e incontra. L’umanità intera intreccia la propria esistenza con quella di Cristo, riscoprendosi così tralci della stessa vite.

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    La veglia è occasione per ringraziare il Signore delle vite donate dei nostri fratelli e sorelle nel mondo. La celebrazione del martirio è l’atto di fede più alto in assoluto. Gesù sulla croce è morto per noi. I missionari martiri, come il Maestro, resistono di fronte a situazioni difficili fino alla morte, non come eroi, ma come compagni di strada delle popolazioni che sono chiamati a servire.
    È nel servizio, lo spirito del dono di sé, la testimonianza concreta di quella fede che hanno abbracciato e portato avanti con tenacia.

    Celebriamo la veglia per i Martiri Missionari nella chiesa
    dei Santi Pietro e Paolo, Via Santa Caterina – Desio Venerdì 26 marzo alle ore 20,30 (verrà trasmessa anche in streaming)

  • Traditio Symboli

    Traditio Symboli

    L’espressione latina Traditio Symboli trae origine dal cammino catecumenale: fin dai tempi antichi esso prevedeva la “consegna del Credo” ai catecumeni che si impegnavano a renderlo concretamente presente nella propria vita.

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    Ecco perché la veglia celebra la consegna del patrimonio prezioso della fede ai catecumeni e ai giovani da parte della Chiesa: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi» (1 Gv 1,3).

    Quest’anno a causa della pandemia non potremo ritrovarci tutti insieme. L’Arcivescovo presiederà la celebrazione in Duomo.

    Gli altri gruppi giovanili diocesani ed i loro educatori sono invitati a seguire la veglia di preghiera attraverso la DIRETTA TV e WEB di SABATO 27 MARZO che sarà trasmessa alle ore 20.00 su Chiesa Tv (canale 195 del digitale terrestre), sul portale www.chiesadimilano.it e sul canale youtube.com/chiesadimilano.
    In differita su Radio Mater alle ore 21.10.

  • Notiziari parrocchiali V° quaresima

    Per il periodo 21 marzo – 28 marzo

    San Giorgio

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    San Giovanni Battista

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    Santi Pietro e Paolo

    La Fonte

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    San Pio X

    Basilica SS. Siro e Materno

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  • Notiziari parrocchiali IV° quaresima

    Per il periodo 14 marzo – 21 marzo

    San Giorgio

    2021-03-14-pagina-san-giorgio

    San Giovanni Battista

    Santi Pietro e Paolo

    La Fonte

    Fonte-10-2021.03.14

    San Pio X

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    Basilica SS. Siro e Materno

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  • Quando Cristo non è un lusso

    Quando Cristo non è un lusso

    Mentre ci chiediamo se siamo rossi, arancioni o gialli, ci potrebbe sfuggire che una classificazione simile è stata fatta – a partire dal rapporto World Wacht List 2021 e dai dati di Aiuto alla Chiesa che soffre – sui paesi dove è in atto la persecuzione dei cristiani.

    Essa si qualifica come assoluta (nero: Corea del Nord), estrema (rosso: tra altri India, Arabia Saudita, Libia), severa (arancione scuro: per es. Cina, Myanmar, Algeria), moderata (arancione chiaro: Turchia, Etiopia e altri), occasionale (giallo: Uganda, Indonesia, ecc.).

    Secondo quel rapporto, presentato alla Camera, nel 2020 sono stati uccisi 4.761 cristiani (13 al giorno), 4.277 arrestati senza processo e incarcerati, 1.710 rapiti. Anche il britannico Foreign Office afferma che un terzo della popolazione mondiale soffre di persecuzioni religiose e che i cristiani sono il gruppo più numeroso.

    In sintesi: oggi un cristiano su sette vive in terre di persecuzione, rischiando di perdere i propri beni o la vita, sotto l’attacco di radicalismi o la pressione di regimi liberticidi. In Cina non si può svolgere attività religiosa se si hanno meno di 18 anni. Altrove diventa difficile per un cristiano trovare un posto di lavoro o vedere difesi i propri diritti in caso di prepotenze o prevaricazioni di soggetti pubblici o privati. Molti, come accaduto in Iraq, sono stati costretti a emigrare.

    Ma Cristo per loro non è un lusso: continuano a professare la fede in Lui, senza lasciarsi mettere in angolo dalle difficoltà.

    don Gianni