Lo scorso 2 febbraio, festa della presentazione di Gesù al Tempio, è stata anche la giornata dedicata da Papa Giovanni Paolo II alla “Vita Consacrata”. Memoria di chi come Gesù si è interamente offerto a Dio, nelle diverse forme a cui ogni credente sente di essere chiamato. Per questo abbiamo chiesto alle Suore Adoratrici del SS. Sacramento di Seregno e alla nostra ausiliaria diocesana Valeriana di aiutarci a capire in quale modo la loro forma di donazione a Dio possa collegarsi al servizio della Chiesa tutta.
Questa la testimonianza della Madre superiora, Suor Daniela
Adorare Dio e donarlo al mondo
Il monastero contemplativo, quale è quello delle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento a Seregno, rappresenta il volto orante della Chiesa, il cuore, in cui sempre lo Spirito geme e supplica perle necessità dell’intera comunità e dove s’innalza senza sosta il grazie per la Vita che il Signore elargisce ogni giorno.
Un dono anche per la Chiesa locale.
Una presenza discreta, che offre una testimonianza silenziosa e che costituisce un richiamo alla preghiera e alla verità dell’esistenza di Dio. Una comunità contemplativa, dedita alla preghiera, all’adorazione eucaristica perpetua, che vive in un monastero ubicato là dove la gente vive, tra le case, i negozi e i rumori della strada e dei passanti. Per scelta, per adempiere ad una missione: quella non solo di adorare giorno e notte, ma di offrire ad ogni fedele, nel turbinio degli impegni quotidiani, la possibilità di godere di una pausa contemplativa nella quale attingere ogni grazia dalla Presenza Reale del Signore.
L’Adorazione è il momento più contemplativo della giornata di ogni monaca e diventa il momento più missionario della sua vita: custodire Dio non per farne una proprietà gelosa, ma per donarlo al mondo.
Giovanni Paolo II nell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia scriveva: «Lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell’Altare, nel quale essa scopre la piena
manifestazione del suo immenso amore…». E qui nasce la vita della comunità delle Adoratrici Perpetue: “Il Signore ci ha chiamato ad essere un costante sguardo di adorazione, con la Chiesa, e per la Chiesa. Tutta la nostra vita sta in questo sguardo. Viviamo la nostra giornata nella preghiera, rivolgendo lo sguardo al Signore realmente presente nell’Eucaristia, sia nel momento in cui ci portiamo in Chiesa per le celebrazioni liturgiche, sia nel tempo dedicato al lavoro o ad altre occupazioni. L’adorazione è un atteggiamento del cuore, è lo sguardo della creatura verso il Creatore, uno sguardo d’amore. Proprio per questo ogni momento nella nostra vita deve diventare adorazione: dalla più piccola e umile azione, ai momenti più intensi di preghiera, meditazione, ascolto della Parola di Dio. La nostra presenza continua ai piedi dell’altare, come adoratrici e come comunità monastica adorante, è annuncio della presenza reale di Gesù Risorto nelle nostre Chiese, e in ogni tabernacolo; nello stesso tempo garantisce che nella Chiesa c’è una Famiglia Religiosa che ha come unico compito quello di adorare, lodare, ringraziare il Signore e
portare in adorazione a Gesù le ansie, le preoccupazioni, le sofferenze, le gioie, le attese di tutti, consegnando a Lui l’intera umanità. In una misteriosa fraterna comunione tutti possono unirsi alla nostra
adorazione quotidiana e sentirsi presenti ai piedi dell’Altare in ogni momento in ogni situazione, da qualsiasi luogo”
- La nostra chiesa è aperta dalle 6.20 alle 18.45
- La S. Messa è alle 7.00 nei giorni feriali e alle 8.30 alla domenica e nei giorni festivi
- Alle 17.40 Rosario e Vespri
- Il sabato sera alle 21 la chiesa riapre e rimane aperta per tutta la notte per permettere l’adorazione notturna anche ai fedeli che lo desiderano.
Vivere oggi la propria vocazione
Valeriana Galimberti, ausiliaria diocesana che opera nella nostra comunità da 7 anni, rilegge il senso della sua vocazione alla ricerca della felicità della vita
Tanti cercano di negare, di camuffare, il proprio stato d’animo di insoddisfazione, ma la verità è una sola: senza Dio nella propria vita, non c’è pace!
Ci può essere rassegnazione, ma non la si può scambiare, per la pace interiore, come frutto di un rapporto personale con il Dio vivente e vero.
Essere cristiani non è un modo diverso di pensare rispetto alla massa, ma cristiano è colui che ha realizzato l’opera di salvezza compiuta da Gesù sulla croce. Nella croce abbiamo la massima dimostrazione dell’amore di Dio rivolto all’umanità, a me e a te. Cercare la propria vocazione e realizzarla vuol dire vivere di questo amore nella convinzione che non c’è amore più grande.
Il Signore ha detto: «Voi mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore; Io mi lascerò trovare da voi» . Ecco il segreto per trovare Dio, cercarlo con tutto il cuore, cioè non con dubbio, con superficialità, con le nostre convinzioni, pretendendo che ci risponda come noi vorremmo. Dio si fa trovare quando una persona è sincera e non arrogante: Egli è il Signore della Gloria, impariamo l’umiltà davanti a Lui.
S. Agostino diceva: Cercando te, mio Dio, io cerco la felicità della vita. Cercare Dio è andare in profondità nella propria vita, domandarsi il senso di quanto accade; scorgervi un significato che dà gusto e sostanza al vivere.
«Non uscire fuori di te, rientra in te stesso; la verità abita nell’uomo interiore». Sembra che Agostino si
rivolga proprio all’uomo di oggi, alienato da sè stesso, dal suo orgoglio, frastornato da tante cose che lo circondano e lo sollecitano, illudendolo di riempire con esse il vuoto interiore, che è il vuoto di Dio. Solo quando ritroveremo noi stessi, insegna S. Agostino, quando riacquisteremo la nostra umanità perduta liberandola dalla schiavitù delle cose, potremo ritrovare anche Dio e quindi la felicità.
L’esperienza di fede di Sant’Agostino suggerisce ad ogni uomo la ricerca di Dio come continua tensione del cuore, vissuta nella preghiera, nell’ascolto della Parola, nella condivisione della vita.
Si può tradurre in cinque parole:
- Torna al cuore: è nel cuore che l’uo-mo ritrova veramente sè stesso. L’uomo vale per quello che è nell’interiorità del suo cuore e nella qualità del suo amore: “ogni uomo è ciò che ama”.
- Rivestitevi del Signore Gesù Cristo: incontrare Cristo e camminare con lui, comporta il lasciarsi fare nuovi dentro, apprendere i sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, mansuetudine, pazienza che sono propri dell’umile Gesù.
- Diventare un “noi”: imparare a pensare al plurale; avere a cuore “gli interessi di Cristo”, che sono la salvezza dell’uomo, di tutto l’uomo e di ogni uomo. Un bell’orizzonte di sfida e diconversione per la nostra mentalità individualistica e autoreferenziale.
- Canta e cammina: in un mondo segnato da eventi epocali oggi come allora, S. Agostino invita a non disperare, ma a guardare avanti con l’animo aperto alla speranza, perché è Dio che con la sua provvidenza guida la storia.
- La nostra vita è una ginnastica del desiderio: desiderio di Dio, che ci spinge a svuotare il nostro cuore dai desideri cattivi per riempirlo del desiderio del bene, e del sommo bene racchiuso in due
sillabe: Dio. Questa è la convinzione che mi porta a vivere e a operare da tanti anni nella Vigna del Signore. Non cambierei la mia vocazione con nessun’altra realtà.