ALLA CURA DEGLI ULTIMI DEGLI ULTIMI
Tre domande a Fiorenzo De Molli , responsabile del Settore Ospitalità della Casa della Carità a Milano, che sarà con noi a Desio nell’incontro del “Il Sicomoro” del prossimo 20 gennaio.
Come opera questa realtà verso gli ultimi?
La Casa della Carità promuove accoglienza e cultura, insieme. Con le attività sociali dell’Accoglienza, ci prendiamo cura delle persone: bambini, donne e uomini, persone senza dimora, migranti, disabili, famiglie che si trovano in gravi difficoltà e hanno più problemi sulle loro spalle. Sono “gli ultimi degli ultimi”, per usare le parole del cardinale Carlo Maria Martini, che ha voluto la nostra Fondazione nel 2002. Dalla relazione con loro, nascono le attività dell’Accademia della Carità: iniziative culturali dedicate a tutta la cittadinanza, per accrescere la coesione sociale e attività pensate con e rivolte agli ospiti di questa grande casa alla periferia di Milano. A volere questo doppio impegno, accogliere e promuovere cultura, è stato proprio il cardinal Martini,
che ha scelto don Virginio Colmegna come presidente, fin dalla nascitadella Fondazione.
Quale stile è assunto verso gli ultimi?
Lo stile della Casa della Carità è laico, inclusivo e basato sul dialogo. È ispirato dal Vangelo e dalla lettera Farsi Prossimo del cardinal Martini. Le persone in difficoltà non sono semplici destinatari delle nostre buone azioni, ma sono protagonisti con cui creare relazioni e condivisione, con reciprocità. La Casa della Carità crede nella dignità e unicità di ogni persona, nel valore dell’ascolto e della relazione, contrastando quella che papa Francesco chiama cultura dello scarto, che danneggia le persone e l’ambiente. Per contrastarla bisogna praticare l’ecologia integrale,
un altro tema affrontato dal Papa nella “Laudato Si’”. L’idea è che giustizia sociale e giustizia ambientale sono strettamente connesse e possono essere promosse solo attraverso solidarietà, responsabilità, cura per sé stessi, per gli altri e per il pianeta. Siamo convinti che prendersi cura
di chi è escluso generi benessere e coesione sociale, per tutti. Per questo motivo, lavoriamo ogni giorno per accogliere chi è stato rifiutato, per affrontare le emergenze metropolitane e sperimentare nuove soluzioni.
Come ripartire dopo l’emergenza COVID-19?
Sono stati mesi lunghi, attraversati da stati d’animo differenti. All’inizio c’era tanto disorientamento, perché non si capiva che cosa bisognava fare. Poi ho vissuto il timore per la mia salute… e ho visto morire anche alcune persone conosciute e questo ha generato un po’ di paura.
Ho vissuto mesi con molta angoscia per chi abbiamo dovuto lasciare fuori, penso ai senza dimora ospiti delle docce, che non hanno nessuno. Mi sono domandato tante volte: è corretto? Ma questa è stata per noi un’emergenza diversa dalle altre, perché tutta la Casa si è fermata: per usare una metafora calcistica, abbiamo fatto catenaccio per difendere i nostri ospiti e ha funzionato. Certe cose potremo ancora farle come prima, altre dovranno essere pensate diversamente. Anche questa situazione ci servirà a crescere, se riusciremo a lasciarci modellare dai nuovi bisogni, e se sapremo trovare nuove risposte da mettere in campo nei prossimi anni, che si prospettano difficili.
Vito e Norma