Nel periodo in cui ero responsabile dei servizi di Pastorale missionaria mi è capitato purtroppo più volte di essere direttamente toccato da eventi simili a quelli che in questa settimana sono accaduti alla missionaria laica italiana Nadia De Munari, uccisa in Perù, e al vescovo di Rumbek (Sud Sudan) padre Christian Carlassare, ferito in un agguato che gli è stato teso nella sua casa.
Nella mia non breve lista di conoscenze personali ci sono, tra gli altri, una beata, suor Leonella Sgorbati uccisa in Somalia, un vescovo, mons. Luigi Padovese ucciso in Turchia, un amico e collega come direttore di Centro Missionario Diocesano, don Ruggero Ruvoletto di Padova, ucciso in Brasile. E anche le tre suore uccise a Kamenge, in Burundi, tra cui la nostra desiana suor Lucia Pulici. E forse anche la nostra concittadina e amica Tina Barbieri.
Nel film Uomini di Dio, dove si narra il martirio dei sette monaci di Tibhirine (Algeria), al confratello, che sembra tentennare di fronte a un possibile pericolo, il superiore ricorda che «la nostra vita è già donata, lo è dal momento in cui l’abbiamo consegnata a Dio». È la verità di ogni vita segnata dal battesimo. Ogni vocazione, ogni vita cristiana è dono di sé, anche quella dei genitori o dei professionisti. Non si tratta di essere eroi, ma di lasciarsi abitare dall’amore di Gesù. Ecco perché possono istruirci persone che a noi paiono estreme, ma che tali forse sono state solo nel dono d’amore: ci istruisce di più la loro vita che la loro morte. Per esempio il programma di Nadia De Munari: «Aiutiamoci a essere contenti in un mondo dove pochi lo sono».
don Gianni
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