Non c’è aspetto migliore della tradizione natalizia che quello di fare e ricevere doni. Non è un atto riservato ai cristiani o al Natale: le feste religiose e civili dei popoli e gli anniversari si accompagnano spesso all’usanza di scambiarsi regali come segno di una gioia condivisa.
Il gesto può anche essere interessato – chi dona oggi spera di ricevere un contraccambio domani – e addirittura causare legami di dipendenza o tentativi di corruzione.
Ma la consuetudine di donare svela una bella caratteristica dell’essere umano: saper uscire da sé, coltivare relazioni con gli altri, immaginare il loro benessere. Perciò non appartiene solo ai cristiani o alle persone religiose, ma è segno di un’umanità aperta e fiduciosa, capace di andare oltre l’interesse immediato e di vivere la gratuità.
Ciò che è umano diventa anche divino quando, sulle orme del Figlio di Dio fatto uomo, sappiamo arricchire ciò che già realizziamo. Gesù non fa doni, ma dona se stesso: non più “qualcosa per cui ti ricorderai di me”, ma il dono di me stesso, la mia presenza, la mia parola, il pane che mi rappresenta, il mio tempo dedicato a te. È Dio che si apre a noi, che ha fiducia in noi, che giunge a perdonare, che riconcilia – rimette in ordine – un mondo privo di armonia.
Gesù ci incoraggia a essere dono a nostra volta, secondo quel comandamento che interpreta le nostre migliori aspirazioni: amare Dio e amare il prossimo. Capita già di saperlo attuare in famiglia, con i malati, con i poveri, con chi non ha da ricambiare. Essere dono è possibile.
don Gianni