Categoria: Omelie

  • Corpus Domini 2025 – l’omelia di don Marco

    Corpus Domini 2025 – l’omelia di don Marco

    Questa sera – in una maniera speciale – questa sera Gesù abbiamo camminato con te e questa sera abbiamo voluto vivere insieme questo atto di fede un atto di fede che ha una dimensione pubblica, una dimensione cittadina, una dimensione che vuole dire che noi crediamo in te, crediamo che tu sei realmente presente nell’Eucaristia, crediamo che durante l’Eucaristia, durante la Santa Messa, il pane e il vino, nello Spirito Santo, nella tua parola, diventano il tuo corpo e il tuo sangue e ti vogliamo dare gloria e vogliamo chiederti Signore di benedire le nostre case, la nostra città, tutti coloro che la abitano, tutti coloro che credono in te, tutti coloro che si impegnano per il bene, tutti coloro magari anche che non ti conoscono e non credono in te, che magari vedendoci passare si sono magari anche messe un po’ a sorridere, forse per un po’ di imbarazzo, forse perché non conoscono la bellezza del tuo amore.

    E noi signore siamo qui anche per loro.

    E per tutti coloro che magari nella loro terra non possono vivere in questo momento un momento pubblico di fede.

    Perché non gli è permesso?

    Perché sono perseguitati in tante parti del mondo.

    E allora noi questa sera siamo qui anche per loro.

    E poi, camminando dentro per le vie, per la nostra città, Signore, noi ti chiediamo, ti abbiamo chiesto davvero di benedire questa terra, che si apra a te, che i cuori ti riconoscano, che possiamo trovare sentieri di pace per essere testimoni della tua pace, quella che viene dal risultato. Abbiamo appena ascoltato un Vangelo che è il Vangelo dei Discepoli di Emmaus.

    Questi due uomini, Cleopa e quell’altro, non si sa il nome – l’Evangelista omette il nome dell’altro discepolo, forse perché non lo conosceva, forse perché magari vuole dire che quel discepolo puoi essere tu, posso essere io.

    E quei due discepoli se ne tornavano a casa tristi, anche loro attraversavano le strade del mondo ma con la tristezza nel cuore.

    Noi questa sera abbiamo attraversato le strade di Desio invece con una speranza, pellegrini di speranza perché abbiamo scoperto la gioia di una presenza, la gioia di Gesù.

    “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo” e noi questa sera siamo qui con te Signore, vivo e presente nell’Eucaristia e ti vogliamo ringraziare, ti vogliamo dire resta con noi come hanno detto quei due discepoli, resta con noi Signore perché si fa sera, perché questo mondo prende sentieri che ci preoccupano, resta con noi Signore e donaci la forza di essere testimoni e portare la tua speranza nel mondo.

    Donaci di essere coraggiosi, perché sappiamo che la missione in questo momento è delicata ed è grande. E camminando per le vie nella nostra città, anche prima preparandoci a questa processione, qualcuno mi diceva:
    “Ma Don Marco, ma ce la farai a portare l’ostensorio così pesante?”

    E io dicevo, “penso di sì, ci proviamo”

    “Ma non ti farà male la schiera?”

    “No, ci proviamo, dai, la fisioterapia serve per quello”.

    Ma mentre camminavo pensavo questo e guardavo Gesù nell’ostia consacrata e dicevo Gesù, sì, l’ostesorio è un po’ pesante, ma non sono io che porto te, sei tu che porti me, sei tu che porti me, sei tu che porti la Chiesa, sei tu che porti questo popolo.

    A volte ci sembra un po’ pesante andare alla messa, magari perché anche noi preti siamo un po’ pesanti, non lo possiamo ammettere senza problemi, ma non siamo noi che portiamo te Signore, sei Tu che porti noi, sei Tu che ci hai portati sul legno della croce, sei Tu che hai pagato per noi su quel legno per i nostri peccati e sei Tu il nostro salvatore. E se noi cominciamo a entrare in questa logica di misericordia,

    Il Signore ci ama, ci vuole bene, ha dato la vita per noi. Scopriamo anche la strada per la santità. Quest’anno con un gruppo di famiglie, di chierichetti, di parrocchiani, di ragazzi del coretto, con le loro famiglie, siamo stati ad Assisi a ricevere le reliquie, piccola parte delle reliquie del beato Carlo Acutis a settembre sarà proclamato santo, San Carlo Acutis e poi le metteremo qui nella nostra basilica a sinistra vicino alle reliquie di Santa Teresia.

    E colpiva di questo giovane il suo legame con l’Eucaristia anche così giovane. E che cosa diceva il beato Carlo?

    Gesù nell’Eucaristia che è la nostra autostrada per il cielo. L’Eucaristia non è solo quel pane degli angeli con la forza che mi viene data per la vita di tutti i giorni ma l’Eucaristia mi apre al cielo, al paradiso, alla vita eterna e poi l’Eucaristia ci unisce. Questa volta siamo partiti dalla parrocchia dei Santi Pietro e Paolo perché quest’anno sono 60 anni dalla sua fondazione e poi c’era di mezzo anche l’anniversario della mia ordinazione, ma l’Eucaristia ci unisce come comunità, come comunità pastorale, come famiglie, come cristiani. Noi siamo qui per te, siamo diversi, ma tu ci unisci, ci unisci come chiesa, come popolo. E allora Signore in questo mondo che invece sembra più frammentarci

    Questa sera ci fai capire qual è il segreto dell’unità, che sei tu crocifisso e abbandonato ma che ci raduni da diversi confini, da diverse distanze e fai di noi un solo popolo. E allora chiediamo davvero ancora una volta a Gesù di tenerci uniti, di farci camminare insieme,

    non farci mai perdere la speranza e di guardare anche al cielo e di essere testimoni di speranza e di pace e di condividere la bellezza di stare con Gesù. Magari tante persone che ci hanno guardato questa sera o che magari a volte hanno abbandonato a frequenza anche le nostre celebrazioni hanno bisogno di essere riaccompagnati, ripresi per mano a riscoprire questa bellezza magari qualche amico dei nostri cerimonieri, dei nostri archivichetti, magari qualche famiglia amica, chi lo sa, andiamo e condividiamo la bellezza di Gesù che è con noi.

    Sia lodato Gesù Cristo.

  • III Domenica dopo Pentecoste

    III Domenica dopo Pentecoste

    In queste domeniche la liturgia ambrosiana ci fa ripercorrere tutta la storia della salvezza, dalla creazione al trionfo di Cristo, re dell’universo.

    Questo ci aiuta a scoprire da una parte l’amore fedele e gratuito del Signore e dall’altra tutta la nostra debolezza e il nostro peccato.

    Siamo abituati a riscoprire nel creato la mano di Dio, lodandolo e ringraziandolo? Siamo rispettosi del mondo in cui viviamo, impegnandoci a mantenerlo bello o siamo sfruttatori selvaggi, inquilini distratti?

    La liturgia di oggi ci riporta il primo gesto di rifiuto, da parte dell’uomo, del suo creatore: il peccato originale.

    Leggendo il racconto della Creazione in cui tutto è bello, ordinato e in armonia, facciamo fatica a riscoprirvi il nostro mondo, pieno di contrasti, di odio e di cattiverie. Anche il nostro cuore spesso non pensa come il Signore vuole, è disordinato nei suoi desideri, nelle sue passioni.

    Come mai?

    Il libro della Genesi ci ricorda che questo non è colpa di Dio, ma dell’uomo che dall’inizio non ha creduto all’amore di Dio, non ha accettato il suo essere creatura, ha voluto decidere autonomamente che cosa fosse bene e che cosa fosse male, credendo di più alle parole del tentatore che a quelle di Dio.
    Il frutto di tutto ciò è stato lo scoprirsi miserabili, paurosi di Dio, incapaci di amore vero tra fratelli. L’esperienza del peccato, vissuta dai progenitori, è la costante della storia umana: Paolo lo ricorda continuamente.

    Non dobbiamo però scoraggiarci. Il racconto del peccato originale ha in sé il proto Vangelo, il primo annuncio di salvezza. Il Vangelo, riportandoci la figura di Giuseppe timoroso della gravidanza di Maria, ricorda che Gesù è “colui che salva“, è “l’Emanuele, Dio con noi“ che realizza la promessa fatta all’inizio della storia: a noi accettarlo come creature e come figli.

  • II Domenica dopo Pentecoste

    II Domenica dopo Pentecoste

    Nelle domeniche dopo Pentecoste, nel rito ambrosiano si ripercorre nella prima Lettura la storia della salvezza, l’amore del Signore per le sue creature. Il primo atto di amore è la creazione: un amore che crea tutto il mondo, che provvede alle creature e che si esprime in particolare nella misericordia. La prima lettura fa notare la sproporzione tra Dio creatore e l’uomo creatura: l’uomo è una goccia d’acqua nell’oceano, pochi giorni di vita di fronte all’eternità, ma Dio conosce la nostra povertà, le nostre debolezze ed effonde su di loro la sua misericordia.

    Paolo sottolinea il profondo legame tra il creato e l’uomo che è la creatura più alta: il suo rifiuto porta alla ribellione anche del creato. Il peccato introduce nel mondo sofferenza, fatica, dolore e morte e l’uomo salvato deve contribuire perché il creato ritorni al disegno originario di Dio: il lavoro, l’ecologia, il progresso non devono rovinare il mondo, ma prepararci quei cieli nuovi e terra nuova che saranno alla fine. Il Vangelo ci dice che Dio non solo ci ha amati nel crearci, ma continua ad amarci: provvede alla nostra vita, nutre gli uccellini che non seminano, i gigli del campo che non filano, ma hanno vestiti più belli di quelli di Salomone. L’uomo non deve preoccuparsi, perché il Padre sa di cosa abbiamo bisogno.
    Gesù non insegna una provvidenza fatalista che disimpegna: nel Vangelo si parla di talenti che vanno trafficati, di gente che aspetta il Signore dandosi da fare, in particolare nel comandamento dell’amore.

    Oltre ad avere fiducia nel Padre, Gesù chiede la nostra collaborazione nel suo lavoro di provvidenza: dobbiamo essere noi segni dell’amore del Padre, interessarci degli altri, degli ultimi, riscoprendo il suo volto in quello dei poveri. Il giudizio finale sarà basato su come siamo stati provvidenza per gli altri. “Ero povero, malato, nudo, straniero, carcerato…e tu che cosa hai fatto?” Che sia veramente così per ciascuno di noi.

  • Domenica della Santissima Trinità

    Domenica della Santissima Trinità

    Oggi celebriamo il mistero che richiamiamo continuamente: quando facciamo il segno della croce, lo facciamo nel nome della Trinità; la santa Messa è tutta una preghiera al Padre, per Cristo, animati e sostenuti dallo Spirito Santo. Tutti i Sacramenti sono amministrati nel nome della Trinità: sono incontri con Gesù risorto reso presente dallo Spirito Santo che rinnova il nostro essere figli di Dio Padre…

    Tuttavia la Trinità sembra quasi un teorema irrisolvibile, più che una bella notizia che interessa la nostra vita. Definire la Trinità un mistero, istintivamente ci toglie, forse, la volontà di approfondimento, dimenticando che un mistero non è una verità contro la ragione, ma sopra la ragione, perché ha una luce abbagliante troppo forte per la nostra mente. Il mistero dell’unico Dio in tre Persone appare non tanto un’affermazione teorica, ma è visibile nell’azione concreta, nel disegno di salvezza di Dio che rimane fedele al suo piano lungo tutta la storia umana. Forse, il motivo più profondo della disaffezione a questo mistero sta nel fatto che non ci facciamo la domanda: interessa a me questo mistero?

    Per capirne l’importanza, dovremmo riandare al primo capitolo della Genesi, dove viene detto che siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio: se Dio è comunità di amore, se è tre Persone che si conoscono, si parlano, si donano totalmente l’una l’altra, l’uomo sarà riflesso di Dio quando conosce, parla, si dona; in una parola, quando ama e fa comunità con gli altri: la comunità non è un hobby per il cristiano, è un’esigenza, è il rivelare la sua natura. Proviamo questa settimana a ricordarci spesso di questo mistero e chiediamo a Dio di essere sua immagine e somiglianza nell’amore concreto e fattivo per i fratelli; lasciamoci guidare e trasformare dallo Spirito Santo, così che la nostra comunità sia immagine viva della Trinità.

  • Domenica di Pentecoste

    Domenica di Pentecoste

    L’anno liturgico è come un lungo cammino in cui riviviamo il mistero della salvezza. Nella Pentecoste è lo Spirito che rende presente Gesù in noi, facendoci figli adottivi del Padre celeste e che rende presente oggi Gesù risorto nella Chiesa.

    Se non ci fosse lo Spirito Santo, la Chiesa sarebbe un organismo destinato a perire: se dopo 2000 anni la Chiesa è viva, è perché lo Spirito è in essa. Il libro degli Atti degli Apostoli fa notare come la prima comunità cristiana invocava lo Spirito Santo prima di ogni decisione importante. Abbiamo bisogno tutti e sempre di questa luce: un dono da chiedere continuamente è quello del discernimento, della luce dello Spirito per la nostra vita personale e per le grandi scelte che la nostra società è chiamata a compiere.

    Un secondo dono da chiedere è la forza, rappresentata dal vento gagliardo: non basta sapere, capire, ma bisogna attuare il disegno di Dio. Gli Apostoli hanno dovuto affrontare un mondo a loro ostile o indifferente: erano una piccola minoranza chiamata ad essere sale e lievito del mondo. Anche oggi i cristiani vivono un momento storico delicato, sia perché si avviano ad essere minoranza, sia per la presenza sempre più massiccia di altre religioni o di forme di pensiero che sempre tendono ad annullare la vera fede, predicando un vago senso religioso. Ma proprio la Pentecoste ci ricorda che la forza del cristianesimo non sta nel numero, ma nella presenza dello Spirito Santo e nel lasciarsi trasformare da lui.
    Il terzo dono da chiedere è sicuramente quello dell’unità, richiamato dal dono delle lingue concesso agli Apostoli. Nel brano degli Atti vengono ricordati ben 16 paesi diversi per razza e cultura che capiscono l’annuncio degli Apostoli.
    Chiediamo al Padre di donarci lo Spirito Santo che ci renda come Gesù ci vuole, mediante il dono della sua luce, forza e pace.

  • Ascensione del Signore

    Ascensione del Signore

    Oggi celebriamo la festa dell’Ascensione: Gesù che sale glorioso al cielo è riconosciuto il Signore del cielo e della terra. Leggendo i brani della Scrittura che raccontano l’avvenimento, pare che ci siano contraddizioni.

    Di solito, quanto parte una persona cara e sappiamo che non la vedremo più, c’è malinconia, tristezza e qui invece si sottolineano la serenità e la gioia. Una gioia ben motivata! L’Ascensione non è la partenza di Gesù, ma la sua glorificazione, la proclamazione che Gesù, uomo-Dio, è uguale in dignità e potenza a Dio Padre. Con la sua risurrezione, Gesù è vicino, uguale al Padre e come il Padre è eterno, onnipotente, onnisciente. È onnipresente, non solo come Dio, ma anche come uomo.

    Grazie all’Ascensione, Gesù di Nazareth è qui come in ogni parte del mondo, ci parla, si rende presente nella Eucarestia. È, questo, un giorno di gioia, di riconoscenza perché ci ha voluto bene, rimanendo con noi. Anche se non lo vediamo, continua ad essere nostro compagno di viaggio.

    Salendo in cielo ha portato con sé la nostra umanità, è andato avanti a prepararci un posto. L’Ascensione è la giornata più bella in cui pensare ai nostri cari che ci hanno lasciato, perché li incontreremo di nuovo, con il Signore.

    Certo, dobbiamo pensare al Paradiso, alla meta che ci aspetta, ma ciò non ci disimpegna in questo mondo. Tutte le volte che incontriamo il Signore, anche nella santa Messa, dobbiamo sentire questo richiamo: ascoltarlo, sentirlo vicino a noi, riceverlo per comunicarlo agli altri. Se l’incontro con Gesù si riducesse a pochi minuti passati in chiesa, sarebbe sterile.
    Dobbiamo andare nel mondo a comunicare la gioia di “Dio con noi”, lasciandoci cambiare la vita dallo Spirito Santo.
    Chiediamo insieme al Signore, che non ci ha lasciati soli, di essere suoi testimoni nella gioia e nell’amore aperto a tutti.

  • Domenica VIª di Pasqua

    Domenica VIª di Pasqua

    Qualche volta ci è capitato di non capire la Parola del Signore, di far fatica a scoprirne il senso e la portata. Gesù ci invita a non scoraggiarci, a lasciarci illuminare dallo Spirito di verità che ci guiderà a tutta la verità.

    Ci stiamo incamminando verso la Pentecoste che conclude i 50 giorni di festa della Pasqua ed è bello che abbiamo sempre presente lo Spirito Santo che Gesù risorto ci donò dalla croce e la sera di Pasqua. Lo Spirito che cambiò radicalmente Paolo sulla via di Damasco e rende presente Gesù anche oggi, in particolare in due doni, il sacerdozio e l’Eucarestia.

    La seconda Lettura ci ricorda che Gesù è “il sacerdote eterno che può salvare quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio”. I sacerdoti, scelti da lui, sono strumento per realizzare tutto questo. La sua presenza come sacerdote e vittima raggiunge il culmine nell’Eucarestia in cui Gesù rivive la sua Pasqua.

    Dovremmo chiederci se è così per noi, se sappiamo vedere nei sacerdoti uno strumento nelle mani del Signore per continuare la sua opera di annuncio della parola, di perdono dei peccati, per fare memoria della sua Pasqua, nello spezzare il pane.

    Dovremmo domandarci se il nostro celebrare l’Eucarestia è un incontro con Gesù risorto che può cambiare la vita, come per Paolo. Chiediamo a Gesù – che si presenta di nuovo a noi sotto le specie del pane e del vino, proprio in forza dello Spirito Santo che il sacerdote invoca prima di ripetere i gesti e le parole di Gesù nell’Ultima Cena – di essere anche noi da una parte testimoni come Stefano (anche quando può comportare il martirio, cioè la fatica a vivere il Vangelo) e dall’altra missionari come Paolo, che ha visto nell’annuncio del Vangelo il senso della sua vita. Preghiamo perché abbiamo il desiderio di incontrare Gesù risorto, ogni domenica che è la Pasqua settimanale.

  • Domenica Vª di Pasqua

    Domenica Vª di Pasqua

    Il brano del Vangelo è preso ancora dal Testamento spirituale di Gesù. Ha come tema l’amore, lo stesso argomento dell’Inno della Carità della Lettera ai Corinzi.

    Nel Vangelo si parla di un comandamento nuovo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.

    Gesù, prima di raccomandare di amare i lontani, invita i suoi discepoli ad amarsi a vicenda, come già fece nell’Ultima Cena, dopo la lavanda dei piedi. I primi cristiani hanno recepito la volontà di Gesù e gli Atti degli Apostoli riportano questo clima fraterno che dava grande forza alla predicazione degli Apostoli.

    Nella seconda lettura, Paolo ricorda che la capacità di amare è un carisma, cioè un dono da chiedere al Signore e da accogliere.

    L’Inno alla Carità non è una serie di precetti, ma racconta l’amore di Dio che si è rivelato in Gesù e che ci viene donato mediante lo Spirito Santo.

    Siamo convinti che la Carità è un dono da chiedere ed accogliere prima ancora di farla? Quante volte l’abbiamo chiesta al Signore, in particolare invocando lo Spirito Santo e celebrando l’Eucarestia?

    Proviamo, poi, a meditare sulle caratteristiche di questo dono e ad esaminare se il nostro modo di amare è riflesso o scandalo di quell’amore.

    Infine, proviamo a guardare la nostra Parrocchia, il nostro modo di vivere i rapporti tra noi: assomigliamo alla prima comunità in cui “i credenti avevano un cuore solo e un’anima sola“ o a quella di Corinto, con divisioni, contrasti, sensi di appartenenza che rompono la comunione

    Qualunque sia la risposta a questi interrogativi, non dobbiamo scoraggiarci: il Signore risorto è sempre con noi, si dona totalmente a noi e ci rende capaci “di amarci come lui ci ha amato“. Sia così per noi e per la nostra comunità.

  • Domenica IVª di Pasqua

    Domenica IVª di Pasqua

    Il Vangelo di oggi fa parte del testamento spirituale di Gesù, il lungo discorso durante l’Ultima Cena in cui Gesù rivela ai suoi amici le cose che più gli stanno a cuore: è la sintesi e il vertice del Vangelo perché ci parla dell’amore.

    Ci ricorda che l’amore è un dono di Dio verso di noi. Amare è, per un cristiano, condividere questo amore, è manifestare la vita nuova in noi che è partecipazione della natura intima di Dio che è amore, rivelatasi in Gesù.

    Gesù rivela il suo amore con il dono della vita: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita ai propri amici”. È un amore con un suo stile, un amore che si fa piccolo, umile, sempre rispettoso della libertà degli altri, pronto al perdono.

    Proviamo a chiederci, innanzitutto, se siamo convinti che l’amore è un dono da chiedere al Signore, un Signore e Maestro che lava i piedi ai suoi apostoli e se abbiamo scoperto che il segreto di tutto questo sta nel rimanere nel suo amore, cioè in una vita spirituale profonda, in particolare nella celebrazione eucaristica in cui riviviamo il suo donarci la vita.

    Interroghiamoci se il nostro amore assomiglia a quello di Gesù: é senza limiti o al contagocce? È per tutti o qualcuno è escluso? È umile servizio o un sentirci superiori o bravi?

    Oggi è la giornata mondiale per le vocazioni: ciascuno di noi porta in sé un progetto di Dio, un modo particolare in cui vivere e manifestare l’amore ricevuto, cioè una vocazione: nel dono di sé nel matrimonio e nella famiglia, nella consacrazione al Signore, nel servizio umile e discreto verso gli ultimi, nell’offerta della propria sofferenza e preghiera al Signore.

    Chiediamo al Signore di donarci il suo Spirito d’amore e di lasciarci prendere da questo amore, così da essere testimoni credibili del suo Vangelo, nel mondo.

  • Domenica IIIª di Pasqua

    Domenica IIIª di Pasqua

    Il brano di Vangelo precede l’accesa discussione tra Gesù e gli scribi e farisei, in cui Gesù li accusa di essere bugiardi e schiavi ed essi reagiscono definendolo samaritano ed indemoniato.
    Gesù proclama “Io sono la luce“, cioè colui che può dare senso alla vita, alla storia. Gli avversari chiedono qualche prova e Gesù rivela che è il Padre (che egli è venuto a rivelare al mondo) che accerta quanto lui dice. Ma i farisei, con ironia, chiedono “dov’è tuo Padre?”.

    Gesù svela il volto di Dio, ma essi non l’accettano perché ciò non rientra nei loro schemi. C’è chiusura totale.

    Questi testi ci insegnano che non dobbiamo meravigliarci che la Chiesa faccia fatica ad annunciare il Vangelo e che tanti non la accettino, anzi la ostacolino.

    Dobbiamo chiederci il motivo di questo rifiuto: se è dovuto al fatto che la Chiesa difende il valore della persona al di là di tutte le etichette sociali o di razza; o perché proclama la sacralità della vita dall’inizio alla fine; o perché difende l’istituto naturale della famiglia; o perché ha un’attenzione particolare ai poveri, richiamando verso loro l’attenzione delle istituzioni; o perché ricorda a chi governa l’economia il diritto primario di ogni uomo ad un lavoro onesto e retribuito.
    La Chiesa non deve meravigliarsi o scoraggiarsi se è rifiutata. Ci sono ancora oggi martiri che spendono la vita in difesa del Vangelo.

    Se, invece, il rifiuto della Chiesa dipende dal fatto che chi si dice cristiano non vive secondo il Vangelo, anzi è di scandalo, allora gli uomini di Chiesa con umiltà riconoscano gli errori, riparino i danni compiuti e si convertano al Vangelo.
    Lo Spirito Santo ci aiuti in questo lavoro di discernimento e di conversione, cosicché la Chiesa possa continuare ad essere segno vivente di Gesù risorto nel mondo.