Al posto di lamentarci, anche “ecclesialmente”, l’arcivescovo Mario ci invita in Dio Trinità a custodire uno sguardo grato sulla vita: siamo persone, figli amati di Dio, capaci di incontro con Lui, quindi di accogliere la Sua volontà d’amore! Solo dentro questo alveo possiamo parlare di vita come “vocazione”.
“Vivere di una vita ricevuta, perché chiamati alla vita dalla promessa di comunione con il Padre tramite la partecipazione alla vita di Gesù. Seguire Gesù, dimorare in Gesù, conformarci a Gesù è la condizione per vivere. Senza di Lui non possiamo fare niente. – Gv 15,5”.
Vocazione è dono di sé che sgorga da una “pienezza”, da un bene ricevuto: anche noi vogliamo fare della nostra vita un dono. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” – Mt 10,8. L’amore e la fede di papà e mamma, dei nonni, un sacerdote, una catechista, una comunità, sono un grande aiuto a pensare al
nostro futuro come chiamata al dono di noi gratuito e gradito a Dio e ai fratelli.
Vocazione è non omologarci quando le risposte della cultura, del mondo in cui viviamo, dei nostri avi, non ci bastano. Non abbiamo bisogno di essere intrattenuti, ma di verità, di un’esperienza di fede e di vita convincente.
Anche dentro questa insoddisfazione c’è una chiamata!
Gesù ci dice: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” – Gv 8,12.
Vocazione è non “metterci le cuffie” dinnanzi al grido dell’umanità sofferente. Un giovane senza lavoro, un gruppo di ragazzi lasciati a sé stessi, un bambino non amato, due sposi che si lasciano, un migrante spaesato, in fuga da una guerra, un anziano dimenticato, un uomo che ha sbagliato: ci interrogano. Anche le povertà della Chiesa di oggi ci interrogano.
Se non abbracciamo la Croce di Cristo, degli uomini, delle donne, della Chiesa di oggi non possiamo parlare di vocazione.
La vocazione è propriamente cristiana quando nella decisione di fare il bene, di essere per la vita, anche a costo di patire, arriviamo – attirati dalla grazia – all’incontro personale con Gesù crocifisso e risorto. È Lui che manifesta il senso della nostra vita. La modalità di quest’incontro è davvero multiforme: c’è chi lo
sperimenta in maniera quasi innata dall’infanzia e chi ci è arrivato dopo una conversione. Quando preghiamo per le vocazioni non dimentichiamoci che non ci sono vocazioni senza questo incontro! Chi
ha fatto questa esperienza sa che non è mai un cammino individualistico, ma sempre nella famiglia della Chiesa, con il desiderio di costruire insieme, per il mondo. È il senso del Battesimo che abbiamo ricevuto e della vocazione speciale di ciascuno di noi.
In questo tempo di Avvento mi sembra importante sottolineare quest’ultimo aspetto: quanto è importante tornare a leggere, ascoltare e vivere insieme il Vangelo per poter ripetere l’esperienza dei primi discepoli!
don Marco