Per andare “in missione” molti pensano sia necessario un apposito physique du rôle (attitudine fisica o mentale a svolgere una determinata funzione) che non si limita alla conoscenza delle lingue o alla disponibilità a mangiare chissà quali cibi, ma esige una disposizione interiore a superare distanze personali, culturali, sociali e religiose.
Forse per questo uomini e donne che partono missionari godono della nostra smisurata ammirazione, salvo poi aggiungere: «Bravi sì! Ma non è per me».
Si dice anche che la missione ci è venuta in casa. C’è chi pensa alle moltitudini degli stranieri ormai presenti ovunque in Italia, dimenticando che molti di loro provengono da tradizioni cristiane (come i latinoamericani o moltissimi dall’Est Europa). C’è chi vede che, nonostante il Battesimo ricevuto, molti disertano non tanto le chiese, ma la pratica cristiana stessa.
A chi vorrà venire nelle nostre chiese, soprattutto per le celebrazioni serali a favore di chi non ha ricevuto la visita natalizia oppure nei giorni che precedono il Natale, verranno consegnati, come gli scorsi anni, due segni di luce: uno da tenere per sé e uno da consegnare a un parente, a un vicino, a un conoscente, che magari ha bisogno di essere consolato nei suoi guai o ravvivato nella fede un po’ assopita. Non occorrono parole, basta il segno accompagnato dagli auguri. Una missione di pianerottolo o di vicinato, per la quale bastano una solida convinzione di fede e un pizzico di coraggio.
don Gianni