L’enciclica «Fratelli tutti» è il punto di partenza dell’Arcivescovo nel delineare il secondo tratto distintivo indicato per la comunità ambrosiana
La Chiesa libera è il secondo aggettivo indicato dall’Arcivescovo nella Proposta pastorale, partendo dal magistero di papa Francesco dell’enciclica Fratelli tutti.
La fraternità universale
«I discepoli danno testimonianza di questa vocazione alla fraternità universale in modo inadeguato, perché sono divisi tra loro, e tuttavia non possono tacere il Vangelo e sono nel mondo per seminarvi speranza di salvezza, nella concordia e nella pace».
I principi che diventano vita quotidiana. «I principi generali e gli appelli universali chiedono di tradursi nello stile quotidiano del buon vicinato e dell’alleanza costruttiva con tutte le confessioni, con tutte le religioni, con tutte le istituzioni. Sono benedetti da Dio i suoi figli e le sue figlie che in ogni parte del globo sono operatori di pace».
Una Chiesa «antipatica»?
«La Chiesa è libera quando accoglie il dono del Figlio di Dio; è lui che ci fa liberi davvero; liberi dalla compiacenza verso il mondo, liberi dalla ricerca di un consenso che ci rende inautentici; liberi di vivere il Vangelo in ogni circostanza della vita, anche avversa o difficile; capaci di parresìa di fronte a tutti; Chiesa libera di proporre il Vangelo della grazia, di promuovere la fraternità universale, Chiesa libera di vivere e annunciare il Vangelo della famiglia; Chiesa libera di vivere la vita come vocazione perché ogni persona non è un caso ma è voluta dal Padre dentro il suo disegno buono per la vita del mondo».
La presenza della Chiesa nel dibattito pubblico provoca spesso reazioni contrapposte. «Il messaggio di Gesù e la testimonianza della Chiesa suscitano una reazione che può essere di accoglienza grata, di esultanza per la liberazione attesa e sperata. Ma può esservi anche una reazione di antipatia, di ostilità e indifferenza. Talora i discepoli possono rendersi antipatici e suscitare atteggiamenti ostili per un comportamento che non è conforme allo stile di Gesù. Ma l’indifferenza e l’antipatia molto diffuse verso la Chiesa hanno la loro radice nella profezia che il Vangelo di Gesù ci chiede di testimoniare. Il Vangelo è infatti invito a conversione, è parola di promessa per chi ascolta, è contestazione di quanto tiene uomini e donne in schiavitù. Molti, a quanto pare, chiamano bene il male e male il bene e sono infastiditi dalla contestazione e dall’invito a trasgredire “i decreti del faraone”. Come Mosè fu contestato dai suoi fratelli, così i discepoli di Gesù sono contestati da coloro che chiamano intelligenza il conformismo, libertà il capriccio, benessere la sazietà, tranquillità l’asservimento».
Vangelo della famiglia e individualismo esasperato
L’Arcivescovo mette in guardia da un individualismo imperante della mentalità comune e nelle scelte politiche e istituzionali. ««L’annuncio del Vangelo della famiglia suona antipatico in una cultura che diffida dei legami indissolubili e delle responsabilità verso le persone amate – afferma monsignor Delpini -. L’individualismo rischia di essere il principio indiscutibile dei comportamenti e quindi anche il criterio per organizzare la vita sociale e le sue leggi. (…) Piuttosto sembra che prevalga una logica individualistica che intende assicurare a ciascuno il diritto di fare quello che vuole. Può essere che questo orientamento incida nel costume e nella mentalità e che la tradizione di solidarietà tra le persone, l’impegno delle istituzioni per il bene comune, l’apprezzamento per la famiglia, per i bambini e per tutte le attenzioni educative siano considerati temi lasciati al volontariato e privati di adeguata attenzione e sostegno istituzionale».
Necessario perciò continuare a riproporre la visione cristiana.
«La visione cristiana della vita, dell’uomo e della donna, della vicenda personale e della storia del popolo considera invece centrale la famiglia, i legami affidabili, la riconoscenza come principio intergenerazionale, la fecondità come bene comune e promessa di futuro, l’educazione delle giovani generazioni come responsabilità ineludibile della famiglia e, in supporto alla famiglia, delle istituzioni e di tutti i “corpi intermedi”».
di Pino Nardi