Nel passato remoto mi impressionava il fatto che all’inizio della Quaresima nelle chiese venivano posti teli violacei davanti alle nicchie delle statue sacre e ai quadri dei Santi, per nasconderli alla vista dei fedeli, affinché nulla li potesse distrarre dallo spirito intenso del periodo liturgico.
Con l’arrivo della Quaresima 2021 la Comunità Pastorale si è dotata di un programmino con proposte di preghiera, carità e digiuno. Dal libretto per pregare personalmente o in famiglia alla raccolta per il Sud Sudan, dal “magro” del venerdì (c’è ancora?) a tempi straordinari di preghiera suggeriti a ragazzi e giovani.
Si può praticare tutto questo o anche non fare niente: le proposte sono però segno di un’intensità di vita cristiana che la secolarizzazione (cioè il vivere come se Dio non esistesse o come se Gesù non avesse dato la sua vita per il mondo) rischia di frantumare, cancellare, vanificare. Una parte di noi, stremata dalla pandemia, viene indotta a guardare al proprio piccolo mondo e ad attendersi tutto da fuori, mentre conduce un’esistenza rasoterra. Né valgono ad innalzarsi le rumorose risse nelle piazze delle nostre città, non certo frutto di creatività, ma brutte sconfitte del vivere insieme.
I credenti, ormai minoranza nel nostro contesto sociale e culturale, sono invitati a non lasciarsi sfuggire il richiamo della Quaresima: fede intensamente vissuta nel dialogo – nel confronto, se necessario – con Dio e capacità di dare senso a ogni gesto, a ogni scelta, allontanando i vuoti pensieri e il cancro del ripiegamento su di sé. Questo il vero digiuno.
don Gianni
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